Inceneritori di Forlì, conferma delle assoluzioni per Hera e Mengozzi
Rispondevano a vario titolo di immissione nell'aria di sostanze pericolose per la salute pubblica, falsità ideologica e di mancato rispetto delle norme sull'inquinamento
La Corte di appello di Bologna ha confermato l'assoluzione perché il fatto non sussiste per tutti gli imputati, cinque dirigenti di Hera, difesi dall'avvocato Guido Magnisi e due manager della Mengozzi nel processo sulle attività dei due inceneritori di Forlì.
I sette rispondevano a vario titolo di immissione nell'aria di sostanze pericolose per la salute pubblica, falsità ideologica e di non aver rispettato norme sull'inquinamento e l'impatto ambientale, fatti risalenti al 2010. Il pg aveva chiesto condanne a quattro mesi per sei imputati, a sei mesi per uno. La vicenda partì dalla morte di un bambino di 11 anni, morto di tumore nel 2009, ma una perizia escluse il nesso causale tra l'attività degli impianti e il decesso. La Procura di Forlì ne chiese il sequestro, che però fu rigettato dal Gip, dal Riesame e poi dalla Cassazione. La sentenza di primo grado arrivò a dicembre 2012, e dopo sei anni è arrivata la conferma in appello. La sentenza non potrà più essere impugnata.
"C'è grande soddisfazione per l'esito del processo - ha commentato l'avvocato Magnisi - anche se fanno pensare i costi umani per le presunte persone offese e per gli imputati in una vicenda durata quasi dieci anni. Si è rischiato di mettere in ginocchio il Comune di Forlì, se avessero sequestrato gli inceneritori, che peraltro, a livello tecnologico, è pacifico che sono la soluzione più valida rispetto alle discariche".