Materie prime critiche: con 1,2 miliardi di investimenti si riduce di un terzo la dipendenza dall’estero
Le attività produttive legate alle materie prime critiche contribuiscono già oggi a più di un terzo del PIL italiano. Lo sviluppo dell’economia circolare e l’utilizzo delle materie prime seconde nelle produzioni industriali è la via più efficace per garantire una filiera in Italia. Il progetto RigeneRare di Iren
Con 1,2 miliardi di euro di investimenti, l’Italia può ridurre la dipendenza dall’estero per le materie prime critiche di quasi un terzo generando oltre 6 miliardi di euro di valore aggiunto per la filiera al 2040. È questa una delle principali evidenze emerse a Roma all’evento “La road map italiana per le materie prime critiche” organizzato da Iren, in cui è stato presentato lo studio commissionato dal Gruppo e realizzato da TEHA Group. Lo studio si sviluppa a partire dalla rilevanza strategica delle materie prime critiche cioè di quei materiali di difficile approvvigionamento che sono strategici per lo sviluppo industriale e tecnologico (es. il litio per le batterie, il silicio per i semiconduttori, l’indio per i display), a fronte di un problema di scarsa disponibilità e limitate possibilità di approvvigionamento. L’Europa, infatti, ha una grave dipendenza dall’estero, soprattutto dalla Cina che produce il 56% delle materie prime critiche importate in UE. Come rileva lo studio, il gap di investimenti tra Europa e Cina è enorme e non si appresta a ridursi. Ammontano a 2,7 miliardi di euro gli investimenti realizzati dall’Europa per il comparto nel 2023, a valle dei 14,7 miliardi investiti in Cina.
I numeri
Lo studio traccia un percorso di sviluppo per l’Italia, in cui le materie prime critiche sono già oggi un elemento chiave per la competitività nazionale contribuendo a 690 miliardi di euro di produzione industriale del Paese, pari al 32% del PIL italiano, che corrisponde alla più alta incidenza sul prodotto interno lordo rispetto agli altri paesi. Un dato, questo, che è il risultato di una crescita del 51% del contributo delle materie prime critiche alla produzione industriale in Italia negli ultimi 5 anni. Nella roadmap indicata dallo studio, a rivelarsi cruciale per il percorso di sviluppo sulle materie prime critiche sarà la corretta valorizzazione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), rispetto a cui l’Europa rappresenta il continente che ne genera il maggior quantitativo pro capite (16,2 kg).
Strategie operative
Per incrementare e sostenere la competitività industriale del Paese in questo ambito lo studio evidenzia che vi sono quattro strategie operative: l’esplorazione mineraria, le partnership con i Paesi africani, la raffinazione e trattamento e infine il recupero e riutilizzo delle materie prime seconde nelle produzioni industriali. La prima fa riferimento alla formulazione di un nuovo piano di esplorazione mineraria, che risponda a una visione integrata a livello nazionale e regionale e includa una strategia di consolidamento delle competenze minerarie e il rilascio dei titoli minerari.
Fondamentale sarà poi rafforzare le partnership internazionali e in particolare con i Paesi africani, identificando linee di finanziamento ad hoc del Fondo del Made in Italy e valorizzando i fondi a disposizione nel quadro del piano Mattei per promuovere partnership paritetiche che favoriscano lo sviluppo industriale dei Paesi africani nell’estrazione e lavorazione delle materie prime critiche.
La terza proposta riguarda l’individuazione delle aree strategiche di specializzazione per l’Italia nella fase di processing delle materie prime critiche, unita alla promozione di meccanismi di coordinamento a livello dell’UE per ridurre la frammentazione.
Lo sviluppo più efficace: l’economia circolare
Secondo lo studio, lo sviluppo dell’economia circolare e dei processi di urban mining rappresenta la soluzione a breve più efficace. Per contribuire a questo obiettivo, una leva strategica sarà la crescita dei volumi di RAEE raccolti, il cui 70% non viene gestito correttamente per la scarsa presenza di centri di raccolta fruibili e la ridotta consapevolezza dei cittadini. Altro propulsore di sviluppo per l’economia circolare è l’utilizzo delle materie prime seconde nelle produzioni industriali. La mancata valorizzazione di queste ultime, infatti, comporta in Italia una perdita annua di oltre 1,6 miliardi di euro di materie prime critiche per l’industria nazionale, con un valore di export delle materie prime seconde che è cresciuto del 75% tra il 2018 e il 2022 a fronte di un aumento limitato dei volumi importati (+13%).
Fondamentale, infine, sarà investire sulla capacità impiantistica e la realizzazione di nuovi impianti per il recupero e il trattamento, dato che ad oggi il 90% delle componenti dei RAEE da cui estrarre materie prime critiche viene esportato. In Italia, infatti, gli impianti accreditati per il recupero e trattamento dei RAEE non sono adeguati alla gestione dei volumi prodotti (solo 47 impianti su 1.071 risultano accreditati, pari al 4,3%). In quest’ambito, Iren si pone come apripista di un percorso di sviluppo nazionale, avviato con la creazione della piattaforma RigeneRare e proseguito con la prossima inaugurazione dell’innovativo impianto in Valdarno, il primo in Italia per il trattamento dei RAEE diretto al recupero di metalli preziosi con processo idrometallurgico e una capacità di trattamento di oltre 300 tonnellate di schede elettroniche all’anno.