Rapporto Ecomafia 2020, in crescita tutti i settori dell’illecito ambientale
Gli ecoreati non conoscono crisi: dallo smaltimento illegale alle agromafie, sono stati 35mila nel 2019 alla media di 4 ogni ora, con un incremento del +23,1%
Il “virus” dell’ecomafia non si arresta né conosce crisi. Nel 2019 sono aumentano i reati contro l’ambiente: sono ben 34.648 quelli accertati, alla media di 4 ogni ora, con un incremento del +23,1% rispetto al 2018. È questo, in sintesi, quanto emerge dalla presentazione del Rapporto Ecomafia 2020, tenutasi a Torino e organizzato da Legambiente Piemonte in collaborazione con Barricalla Spa.
All’incontro, coordinato dal giornalista Paolo Volpato, sono intervenuti Enrico Fontana, Responsabile dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente, che ha presentato i punti salienti dello studio; Giorgio Prino, Presidente Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta; Alessandra Dolci, Procuratore della Repubblica Aggiunto presso il Tribunale ordinario di Milano e delegato alla Direzione Distrettuale Antimafia, con un intervento su rifiuti e la criminalità organizzata durante l’emergenza da Covid19; Carlo Maria Pellicano, Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Torino, che ha parlato degli interessi delle mafie nel settore agroalimentare; Alessandro Battaglino, Presidente del Comitato esecutivo di Barricalla Spa e Mauro Anetrini, Presidente di Barricalla Spa.
Proprio questa occasione pubblica ha sancito la nuova governance di Barricalla, che vede alla Presidenza Mauro Anetrini e il passaggio di Alessandro Battaglino nel ruolo di Vicepresidente e Presidente del Comitato esecutivo.
I principali dati del rapporto
Tra le informazioni presenti nel Rapporto Ecomafia 2020, preoccupa in particolare il boom degli illeciti nel ciclo del cemento, al primo posto della graduatoria per tipologia di attività ecocriminali, con ben 11.484 reati (+74,6% rispetto al 2018), che superano nel 2019 quelli contestati nel ciclo di rifiuti, che ammontano a 9.527 (+10,9% rispetto al 2018). Da segnalare anche l’impennata dei reati contro la fauna, 8.088, (+10,9% rispetto al 2018) e quelli connessi agli incendi boschivi con 3.916 illeciti (+92,5% rispetto al 2018). La Campania è, come sempre, in testa alle classifiche, con 5.549 reati contro l’ambiente, seguita nel 2019 da Puglia, Sicilia e Calabria (prima regione del Sud come numero di arresti). E, come ogni anno, in queste quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa si concentra quasi la metà di tutti gli illeciti penali accertati grazie alle indagini, esattamente il 44,4%. La Lombardia, da sola, con 88 ordinanze di custodia cautelare, colleziona più arresti per reati ambientali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia messe insieme, che si fermano a 86. Da capogiro il business potenziale complessivo dell’ecomafia, stimato in 19,9 miliardi di euro per il solo 2019, e che dal 1995 a oggi ha toccato quota 419,2 miliardi. A spartirsi la torta, insieme ad imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi, sono stati 371 clan (3 in più rispetto all’anno prima), attivi in tutte le filiere: dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, dai traffici di animali fino allo sfruttamento delle energie rinnovabili e alla distorsione dell’economia circolare.
Focus sui rifiuti
Nel 2019 il ciclo dei rifiuti resta il settore maggiormente interessato dai fenomeni più gravi di criminalità ambientale: sono ben 198 gli arresti (+112,9% rispetto al 2018) e 3.552 i sequestri con un incremento del 14,9%. A guidare la classifica per numero di reati è la Campania, con 1.930 reati, seguita a grande distanza dalla Puglia (835) e dal Lazio, che con 770 reati sale al terzo posto di questa classifica, scavalcando la Calabria. Per quanto riguarda le inchieste sui traffici illeciti di rifiuti, dal primo gennaio 2019 al 15 ottobre del 2020 ne sono state messe a segno 44, con 807 persone denunciate, 335 arresti e 168 imprese coinvolte. Quasi 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti sono finiti sotto sequestro (la stima tiene conto soltanto dei numeri disponibili per 27 inchieste), pari a una colonna di 95.000 tir lunga 1.293 chilometri, poco più della distanza tra Palermo e Bologna.