Università di Padova, Etra Spa e Acque del Chiampo insieme per la valutazione dei nuovi contaminanti
Messi a punto nuovi protocolli per rispondere alla gestione dei contaminanti emergenti, sfruttando le possibilità offerte dalle nuove tecnologie in ambito analitico-ambientale
Ottimizzare protocolli analitici in grado di identificare sostanze chimiche, sia di origine naturale sia antropica, non oggetto di ordinario controllo ma possibili contaminanti dell’acqua: questi gli obiettivi del Progetto “CONTAminanti emergenti: nuovi protocolli analitici per la valutazione del RIschio chimico NEi corpi idrici veneti”, in particolare nelle fonti idropotabili. Coinvolti il Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova insieme a Etra Spa e Acque del Chiampo Spa, gestori idrici delle province di Padova e Vicenza che hanno cofinanziato la ricerca con 50mila euro ciascuno, insieme all’Università di Padova. Il progetto avrà una durata di 24 mesi e ambisce a proporsi come modello metodologico di approccio su ampia scala.
Una collaborazione vincente
Si tratta di un esempio virtuoso di collaborazione tra Università di Padova e gestori idrici del Veneto che si distinguono per il costante interesse verso la ricerca scientifica, convinti che possa risolvere o, meglio, prevenire le emergenze idropotabili. “Siamo orgogliosi di essere parte di un progetto scientifico innovativo e originale che si propone di offrire dei protocolli operativi a tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente e che ci auguriamo possa diventare un modello non solo nei nostri ambiti territoriali – spiegano i presidenti di Etra Spa, Flavio Frasson e di Acque del Chiampo Spa, Renzo Marcigaglia –. Questo progetto è per noi molto importante: ci permetterà di aumentare la conoscenza dello stato di qualità delle nostre fonti, di valutare l’efficienza dei nostri processi e l’eventuale necessità di introdurne di nuovi per il possibile abbattimento di contaminanti emergenti. Non basta, infatti, limitarsi alla semplice descrizione del problema ambientale, ma bisogna individuare le soluzioni tecniche di contenimento delle contaminazioni, azioni queste che potrebbero ricadere al di fuori del nostro ambito di azione (ad esempio azioni di tutela delle aree di salvaguardia). Mettiamo a disposizione la nostra conoscenza del territorio, i dati, le informazioni e l’accesso alla rete impiantistica, indispensabili per il lavoro dei ricercatori. La ricerca vuole essere, poi, uno stimolo alla condivisione di informazioni e dati tra i soggetti che, in diversi ambiti di competenza, operano monitoraggi a protezione del territorio e della salute”.
I risultati attesi
Le analisi integrate potranno evidenziare la presenza di alcuni composti chimici non noti in relazione ai monitoraggi convenzionali, anche caratteristici di alcuni scenari di contaminazione del territorio (ad esempio farmaci da strutture ospedaliere, pesticidi da attività agricole, prodotti di sintesi da industrie locali), da proporre come markers o traccianti. L’analisi chimica di tali markers potrà essere inserita nelle analisi oggetto di ordinario controllo dei laboratori degli enti gestori, fornendo uno strumento veloce e indipendente di controllo della qualità delle acque e dei trattamenti riferibile a contaminanti emergenti. Non solo, nel caso si evidenziasse la presenza di una significativa sorgente di contaminazione sarà possibile seguirne la variazione nella rete impiantistica, e l’eventuale efficienza dei processi di trattamento”. Gli esiti dell’indagine analitica saranno integrati dai gestori alle altre informazioni del sistema in loro possesso e serviranno per l’aggiornamento dell’analisi del rischio chimico all’interno del team del Piano di Sicurezza Acquedotto, in collaborazione con gli enti preposti e con il supporto scientifico dell’Università. Le informazioni ottenute dal progetto saranno inoltre utili per la definizione di protocolli che mirano a prevenire efficacemente emergenze idro-potabili dovute a parametri non oggetto di ordinario monitoraggio, per la valutazione di sistemi on-line e early-warning per intercettare precocemente eventi di contaminazioni e per l’eventuale ridefinizione delle zone di protezione delle aree di captazione delle acque.
Contaminanti emergenti: cosa sono?
I contaminanti emergenti sono sostanze chimiche di origine naturale o antropica, di recente scoperta o rivalutazione scientifica in vari comparti ambientali (acque potabili, reflue, superficiali o sotterranee) considerati potenzialmente tossici, persistenti o bioaccumulabili, e quindi interferenti con i normali processi biologici coinvolti nel metabolismo di un essere vivente. Comprendono diverse classi di sostanze chimiche, spesso marcatori di presenza antropica come prodotti farmaceutici e per la cura personale (Personal Care Products, PCPs), interferenti endocrini, sostanze perfluorurate (PFAS), pesticidi, plastificanti, ritardanti di fiamma. Tra i contaminanti emergenti si collocano anche sostanze non antropogeniche, come vari composti naturali quali tossine di origine animale, vegetale o batterica. Tra i principali effetti negativi sulla salute umana imputabili all’esposizione a queste sostanze chimiche, ci sono la disregolazione e modificazione dei normali processi fisiologici, le alterazioni dei processi riproduttivi e di sviluppo, l’aumento dell'incidenza di cancro e lo sviluppo di batteri resistenti agli antibiotici.