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​Bonifiche, per l’Europa chi acquista non è obbligato a disinquinare

where Lussemburgo (Lussemburgo) when Lun, 09/03/2015 who michele

Sentenza della Corte di giustizia del Lussemburgo sul caso Farmoplant di Massa

La normativa italiana, che non impone misure di prevenzione e di riparazione a carico dei proprietari non responsabili dell'inquinamento dei loro terreni, è compatibile con il diritto dell'Unione. A loro carico, gli Stati membri sono liberi di prevedere, allorché tali misure sono adottate dalle autorità, una responsabilità solo patrimoniale. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell'Unione europea che, in una sentenza sulla causa tra ministero dell'Ambiente e Fipa Group, precisa che la normativa italiana è conforme alla direttiva comunitaria.

Tra il 2006 e il 2001, le società Tws Automation, Ivan e Fipa Group sono divenute proprietarie di diversi terreni nella zona della Farmoplant situati nella provincia di Massa Carrara, in Toscana.  Detti terreni erano gravemente contaminati da sostanze farmoplantsciopero.jpgchimiche in seguito alle attività economiche svolte dai precedenti proprietari, appartenenti al gruppo industriale Montedison, i quali producevano in tali siti insetticidi e diserbanti. Ancorché i nuovi proprietari non fossero autori della contaminazione, le autorità italiane hanno ordinato loro di realizzare una barriera idraulica di emungimento per la protezione della falda freatica.

Il Consiglio di Stato, in appello, ha constatato che la legislazione italiana non consente di imporre al proprietario non responsabile della contaminazione la realizzazione di misure di prevenzione e di riparazione e limita la sua responsabilità patrimoniale al valore del suo terreno. Il Consiglio di Stato chiede quindi alla Corte di giustizia Ue se tali norme nazionali siano compatibili con il principio chi inquina paga cui dà attuazione la direttiva.  In base alla direttiva sulla responsabilità ambientale, spiega la Corte Ue, l'operatore che gestisce un sito deve, in linea di principio, sopportare i costi delle misure di prevenzione e di riparazione adottate in risposta al verificarsi di un danno ambientale nel sito. Tali costi non sono a suo carico se egli può provare che il danno è stato causato da un terzo. La direttiva consente comunque agli Stati membri di adottare norme più severe. 

Nella sua sentenza, la Corte risponde che la normativa italiana è conforme alla direttiva. La Corte di giustizia Ue ricorda la costante giurisprudenza in base alla quale il principio chi inquina paga (articolo 191, paragrafo 2, Tfue) “si rivolge all'azione dell'Unione, cosicché tale disposizione non può essere invocata in quanto tale da privati o da autorità amministrative”.
Per quel che riguarda i presupposti della responsabilità ambientale, come previsti nella direttiva, per quel che riguarda la nozione di “operatore” e sulla necessità della sussistenza di un nesso causale tra l'attività dell'operatore e il danno ambientale, la Corte precisa che “le persone diverse dagli operatori non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva” e che “quando non può essere accertato alcun nesso causale tra il danno ambientale e l'attività dell'operatore, tale situazione non rientra nel diritto dell'Unione, bensì nel diritto nazionale”.
 
 

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Lavoratori in sciopero davanti alla Farmoplant
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