Clima. Il riscaldamento globale mette a rischio le piantagioni di caffè
Per il 2050 rischia di scomparire il 50% delle colture in Etiopia, da dove proviene la pianta. A rischio anche granturco, banane e viti. Il caso Xylella
I cambiamenti climatici stanno esercitando pressioni sugli ecosistemi con conseguenze sempre più acute in agricoltura, particolarmente evidenti nel Sud del mondo in cui siccità e modifica della salinità delle acque stanno facendo maggiormente sentire i propri effetti. L'allarme viene lanciato da Area Science Park, dove il Trieste Coffee Cluster ha chiamato un gruppo di genetisti ed esperti in fisiologia vegetale per analizzare il fenomeno e comprendere in che modo le biotecnologie possano suggerire delle risposte al problema attraverso il food design. L'obiettivo è attuare strategie in grado di preservare nei prossimi anni intere colture e i sistemi economici a esse correlate, aumentando la resilienza delle piante, ovvero la loro capacità di adattamento al mutare delle situazioni ambientali.
Caffè - Le proiezioni, a cominciare dal caffé, sono tutt'altro che rassicuranti. “Da alcuni anni la situazione è molto critica nelle piantagioni del Centro America, lato Pacifico e Atlantico, con differenze da Paese a Paese”, spiega Furio Suggi Liverani del Trieste Coffee Cluster. Il riscaldamento globale sta provocando danni anche in Centro Africa, dove per il 2050 rischia di scomparire il 50% delle piantagioni di caffé sulle alture che costeggiano la valle del Rift, in Etiopia, da dove la coltivazione di questa pianta e il suo utilizzo si sono diffusi nel resto del mondo. Stesso scenario anche in Ruanda. I principali effetti sono visibili già oggi nel mix del caffé verde che viene commercializzato, con un aumento della percentuale di varietà Robusta a scapito della Arabica, di maggiore qualità ma più vulnerabile ai cambiamenti in corso. Il porto di Trieste è un ottimo punto di osservazione per questo fenomeno: nel 1990 si sdoganava 100% Arabica, oggi non è più così.
Granturco - Ma non è solo il caffé a risentire della situazione. Anche il mais è molto vulnerabile, e gli studi prevedono che circa il 90% delle aree coltivate con questo cereale sperimenteranno riduzioni di produzione stimabili tra il 12 e il 40%, specie in Africa occidentale.
Banane - L'intero commercio mondiale di banane si basa sulla sola varietà Cavendish, e un crollo della sua produzione metterebbe in ginocchio molte economie di Paesi in via di sviluppo. Negli anni '50 è bastata una singola malattia a spazzare via la Gros Michel, una varietà più dolce e più piccola. “Il cambiamento climatico si riflette in molti modi sulla fisiologia e sulla crescita della pianta”, spiega Michele Morgante, dell'Istituto Genomica Applicata (Iga).
Xylella - Il cambiamento climatico in corso avrà impatto anche in Europa: “Lo stress generato sulle piante dall'alternarsi di lunghi periodi di pioggia e di siccità risveglia patogeni ai quali le piante non erano più abituate a reagire - sottolinea Raffaele Testolin dell'Iga. - La stessa Xylella, che ha decimato gli ulivi nel Salento, può essere stata favorita da questo stress. Anche la viticoltura è coinvolta dal fenomeno, al punto che alcuni produttori francesi delle zone dello Champagne stanno giocando d'anticipo, acquistando terreni in Inghilterra meridionale prevedendo che, se non cambierà qualcosa, potrebbero vedersi costretti a piantare i loro vigneti più a Nord”.