Condannato a Messina lo stalliere che abusava a morte della cavalla
La Lav: crudeltà efferata, occorrono nuove norme per combattere la zooerastia
Sevizie e abusi sessuali ai danni di una cavalla incinta, fino a provocarle un aborto e a portarla alla morte: di questi gravissimi reati era accusato B. S., classe 1983, stalliere, condannato dal Tribunale di Messina per il reato di maltrattamento di animali aggravato dalla morte (art. 544 ter, comma 3 del Codice Penale), a due anni di reclusione, pena sospesa, con liquidazione del danno in separata sede ma con la provvisionale di 5mila euro e liquidazione di spese legali in favore della Lav.
La pubblica accusa, Liliana Todaro, aveva chiesto e ottenuto per l'imputato la citazione diretta a giudizio davanti al giudice monocratico del Tribunale di Messina, per rispondere in particolare dei reati di maltrattamento (reato p. e p. dall'art. 81, 544 ter comma 3 c.p.) "perché - si legge nel decreto di citazione a giudizio - in più occasioni, sottoponeva a sevizie una cavalla consumando rapporti sessuali con l'animale. In particolare, abusava sessualmente della cavalla, in stato di gravidanza, con il proprio organo genitale e con altri attrezzi impropri, determinando atroci sofferenze a cui è seguito il distacco della placenta, l'aborto e, infine, la morte".
Inoltre c’era l’accusa di danneggiamento (reato p. e p dall'art.635 c.p.) "per avere, mediante la condotta descritta, irrimediabilmente reso inservibile la cavalla-fattrice".
"Una vicenda di inaudita gravità ed efferata violenza, con epilogo mortale - afferma la Lav. - Ad inchiodare il colpevole le sequenze video di alcune telecamere interne che avrebbero ripreso gli abusi sessuali. Anche se il colpevole è stato condannato nulla potrà riparare alle sofferenze e alla morte inflitte con tale sadismo".
La zooerastia è un disturbo sessuale caratterizzato dall'eccitazione erotica o dalla fantasia di avere rapporti sessuali con animali, o dal praticare attività sessuali con gli stessi in modo non occasionale. Per la Lav è necessaria un'articolata rivisitazione della questione anche sotto il profilo della tutela penale e una giusta collocazione del precetto in seno al Codice penale prevedendo apposite disposizioni punite con la reclusione e la multa.