Costa Concordia: il Giglio ha subito un danno di 125-189 milioni. Ma i resti del naufragio sono utili
Calcolato il danno biologico subito dalla popolazione dell’isola del Giglio in seguito al naufragio della nave da crociera Costa Concordia. Ora bisogna togliere i tralicci enormi d’acciaio che erano stati piantati nel fondale per il recupero, ma il sindaco chiama a raccolta gli scienziati per dire che quelle opere in mare sono utili
Gli abitanti dell'isola del Giglio hanno subito un danno biologico ed esistenziale stimato da 125 a 189 milioni di euro. Lo ha detto il consulente tecnico Carlo Scarpa rispondendo in aula al processo di Grosseto agli avvocati del Comune del Giglio, che è parte civile. Il danno è calcolato per 1.418 residenti per 920 giorni di permanenza del relitto.
"Le attività di bonifica e ripristino del porto del Giglio andranno avanti per un altro anno, ma spero che l'asticella non oltrepassi il 2015", ha detto il sindaco del Giglio, Sergio Ortelli, parlando dei danni causati all'isola. Ora bisogna smantellare l’enorme struttura subacquea d’acciaio realizzata per raddrizzare e ricuperare la nave da crociera, come ha ordinato anche il ministero dell’Ambiente.
Però il sindaco Ortelli la vuole mantenere come attrazione turistica (anzi, come forma di difesa dell’ambiente), e in questo obiettivo si fa appoggiare dalla scienza. “Mantenere le strutture d’acciaio subacquee realizzate per il recupero della Concordia non è un regalo ai gigliesi, è per l’ambiente”, ha detto il sindaco Ortelli dopo gli interventi dei biologi e degli esperti di scienze ambientali che hanno preso parte all’Acquario di Genova al convegno “Barriere artificiali sommerse, risorse per l’ambiente, ricchezza per l’economia”, organizzato dall’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee.
Il Ministero dell’Ambiente si è espresso due volte a favore della rimozione, nell’imminenza dell’incidente e nel 2014. Sul fondo del Giglio si trovano attualmente sei piattaforme di acciaio e cemento e 11 corpi morti realizzati per ancorare la nave al fondale. “Il sì dei biologi – prosegue Ortelli – conferma che lasciare le strutture aiuta l’habitat, rendendo l’area il luogo della memoria e creando un volano per il turismo subacqueo”.
“L’Italia ha la possibilità di ritrovarsi senza alcun costo – ha detto Riccardo Cattaneo-Vietti, professore ordinario di Ecologia all’Università Politecnica delle Marche - una barriera artificiale già costruita e posizionata”. “Il metallo è facilmente colonizzabile e riesce a compensare la perdita di habitat causata dal naufragio e dai lavori necessari per la rimozione”, ha affermato Giandomenico Ardizzone, professore ordinario di Ecologia alla Sapienza di Roma e consulente per il piano ambientale all’Isola del Giglio.
La rimozione della struttura d’acciaio può “arrecare ulteriori danni ambientali invece di restituire il fondale nelle condizioni originarie come era stato ipotizzato al momento dell’incidente”, commenta Francesco Cinelli, già professore ordinario di Ecologia all’Università di Pisa. “In Giappone, dove si concentra il 90% di quelle esistenti – ha affermato Giulio Relini, già professore ordinario di Ecologia all’Università di Genova e già presidente della Società italiana di biologia marina - le barriere vengono costruite e sommerse per la pesca professionale, negli Stati Uniti sono considerate una risorsa per il turismo subacqueo”.
L’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee è un’organizzazione no profit le cui finalità sono sviluppo, conoscenza e divulgazione delle attività subacquee (scientifiche, tecniche, artistiche, culturali, divulgative e sportive) e la diffusione della cultura del mondo sottomarino in un contesto interdisciplinare.
Per saperne di più: www.underwateractivities.org