Il ministro Cingolani descrive il percorso per decarbonizzare l’economia
L’Italia ha già rinunciato al carbone, altri Paesi non ancora. I limiti delle fonti rinnovabili: non sono programmabili e impongono investimenti in gas e accumuli
Al G7 di Berlino dei ministri dell'energia, dell'ambiente e del clima, l'indicazione condivisa da tutti è “accelerare il percorso sulla decarbonizzazione" che prevede, secondo gli accordi più recenti di Parigi, "la promessa del 55% di decarbonizzazione rispetto al 1990; in realtà dove si può lavorare molto è sull'energia elettrica che ora è in larghissima misura prodotta bruciando gas e carbone in molti paesi". Così il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani intervistato dal direttore di Repubblica Maurizio Molinari al festival Green&blue precisando che "uno dei frutti bassi pendenti da raccogliere è di cercare di aumentare fortemente le rinnovabili, non solo solare ed eolico ma aggiornare gli idroelettrici, ci sono geotermico, biomasse, carburanti sintetici”.
Lo stop al carbone, i rinnovabilisti e il commissario
"L'imperativo è ormai togliersi dai piedi il carbone e sostituirlo con il gas. Cosa che l'Italia ha già fatto con il gas da subito e che altri Paesi ancora no. A Berlino l'indicazione arrivata dal lavoro del G7 è di accelerare lo sforzo per la decarbonizzazione - afferma Cingolani - si può lavorare molto sull'energia elettrica, si può cercare di aumentare molto le rinnovabili, si può fare moltissimo”. "Ci sono alcuni gruppi che prendono delle posizioni tecnicamente indifendibili, di recente è circolata una ipotesi secondo cui è possibile installare 60 Gigawatt di potenza rinnovabile in tre anni, in prevalenza solare ed eolico, perché su altre fonti gli stessi rinnovabilisti ci dicono che ci vuole più tempo per l'installazione. Possiamo anche fare un'accelerazione, si voleva un commissionario con pieni poteri che saltasse tutte le regole autorizzative, ma non basta mettere l'impianto, ci vuole un adeguamento a livello di accumulazione e di rete".
Impianti e accumuli
Il ministro ha quindi spiegato che "non si può raccontare che si fa in tre anni, non è vero" e dunque ha osservato che "dobbiamo accelerare, al 2030 la soluzione è rinnovabili pancia a terra ma deve essere sostenibile tecnicamente anche l'offerta, adeguamento a livello di accumulazione, di rete e poi non solo su solare ed eolico, infatti adesso stiamo lavorando su altre fonti che sono più continue e fanno 6.000-7.000 ore l'anno come il geotermico. Stiamo provando ad allargare. Se fosse stato facile l'avremmo già fatto". Il ministro Cingolani ha poi argomentato che "esistono aree del paese dove c'è sole e vento e lì si concentrano tutte le proposte di impianti, peraltro se ce ne metto uno se ci sono dieci proposte, una va e le altre nove no perché ho occupato lo spazio. Quindi è inutile fare la somma della potenza di tutte le proposte. Bisogna essere realisti sui calcoli. Se mettessimo tutta questa potenza nelle zone in cui c'è più sole, più irraggiamento e più vento" ci sarebbe il problema che "l'utilizzo di questa energia non è locale, quindi ci vuole una rete intelligente in grado di supportare totalmente grandi carichi e di smistarli all'ora giusta nel posto lontano dove serve una grande quantità di energia. Solare ed eolico producono energia dalle 1.500 alle 2000 ore l'anno, ma l'anno ha 8.600 ore dentro. Quindi l'energia la devo accumulare, ho bisogno di batterie. Oggi dare sufficiente accumulo per gestire 60 GW richiede miliardi di euro per l'infrastruttura, bisogna lavorare sulla rete, sugli accumuli".