Natura. Nuovo allarme del Wwf: l’Italia è ricca di biodiversità ma è troppo fragile
Secondo l’associazione, il 68% degli ecosistemi italiani è in pericolo mentre il 30% delle specie di vertebrati e il 25% delle specie animali marine rischiano l’estinzione
Migliaia di attivisti del Wwf, provenienti da tutta Italia, si sono incontrati a Caserta per il Forum nazionale dei volontari. Nel corso di due giorni di discussione è stato presentato il rapporto “Biodiversità fragile, maneggiare con cura”. Ne è emerso un quadro preoccupante: il 68% degli ecosistemi italiani è in pericolo. Il 57% dei fiumi e l’80% dei laghi si trovano in uno stato ecologico non buono. Il 25% delle specie animali marine del Mediterraneo è a rischio estinzione.
Chi è responsabile di tutto ciò? Quali sono le best practices da mettere in campo per ridurre gli effetti di questo disastro? Che cosa sta facendo il governo italiano per invertire la rotta? Secondo Isabella Pratesi, direttrice del programma conservazione del Wwf, “in Italia c’è un problema di governance ambientale”.
Il rapporto del Wwf
Il Wwf Italia lancia il nuovo report “Biodiversità Fragile, maneggiare con cura: status, tendenze, minacce e soluzioni per un futuro nature-positive” della penisola e rinnova il suo appello: “Urgente mettere in pratica la Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030”.
Il declino degli ecosistemi nel mondo pare avere raggiunto “le dimensioni di una vera catastrofe”, dice il Wwf. Scienziati calcolano che l’impatto del genere umano su tutte le altre forme di vita sia arrivato ad accelerare tra le 100 e le 1.000 volte il tasso di estinzione naturale delle specie, avviando la sesta estinzione di massa. Resta intatto il 12,5% della foresta atlantica, abbiamo perso più del 50% delle barriere coralline e una vastissima porzione della foresta amazzonica (probabilmente il 20% se non di più) è stata distrutta.
In Italia, uno fra i Paesi al mondo con la biodiversità più generosa che raggiunge valori elevatissimi (contiamo metà delle specie vegetali e circa 1/3 di tutte le specie animali presenti in Europa), con cieca determinazione stiamo erodendo e distruggendo gli habitat.
I segnali della fragilità
Dalle Liste Rosse nazionali della flora dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) emerge che, in Italia, circa l’89% degli habitat di interesse comunitario si trova in uno stato di conservazione sfavorevole.
Secondo il rapporto del Wwf, dei 43 habitat forestali italiani, per esempio, 5 hanno uno stato di conservazione “criticamente minacciato” e 12 “in pericolo”.
Il 68% degli ecosistemi italiani si trova in pericolo, il 35% in pericolo critico. Il 100% degli ecosistemi è a rischio nell'ecoregione padana, il 92% in quella adriatica e l’82% in quella tirrenica.
Il 57% dei fiumi e l’80% dei laghi si trova in uno stato ecologico non buono. E i dati sullo stato di conservazione delle specie non sono meno allarmanti: il 30% delle specie di animali vertebrati e il 25% delle specie animali marine del Mediterraneo sono a rischio estinzione.
Le minacce per la biodiversità
Il Wwf dice che oltre alle pressioni dirette su specie, habitat ed ecosistemi, esercitate attraverso l’inesauribile richiesta di risorse naturali operata dalla società, esistono anche altre forze che agiscono indirettamente senza degradare o distruggere l'ambiente, ma ostacolando e rallentando la risoluzione dei problemi. “Si tratta, ad esempio, della cosiddetta governance ambientale (si pensi solo alla regolamentazione dello sfruttamento della risorsa idrica), inadeguata rispetto alla complessità dei problemi ed ostacolata da investimenti limitati, nonché dalla resistenza di soggetti con interessi politici o economici a breve termine, con scarsa attenzione alla tutela della biodiversità, alle comunità più deboli ed esposte e alle generazioni future”.
Sono 21.500 i chilometri quadri di suolo italiano cementificato, mentre si calcolano oltre 1.150 chilometri quadri di suolo consumati in 15 anni, una superficie quasi corrispondente a quella di una città come Roma, mentre nel Mediterraneo le temperature stanno aumentando il 20% più velocemente rispetto alla media globale.
Poi ci sono le specie aliene invasive, identificate da alcuni studi come la seconda principale minaccia alla biodiversità globale, che hanno contribuito in modo determinate al 54% delle estinzioni delle specie animali conosciute, tramite predazione su specie autoctone o competizione per le risorse (es. cibo, luoghi di riproduzione). Attualmente, si stima che in Italia ci siano intorno alle 3.000 specie aliene, con un incremento del 96% negli ultimi 30 anni.
A parere del Wwf “la perdita di natura non rappresenta solo una minaccia di per sé, ma mette a rischio sistemi che ci garantiscono la vita, primo fra tutti quello che regge l’equilibrio della crisi idrica”. Dice l’associazione che la disponibilità media annua di acqua “si potrebbe ridurre da un minimo del 10% entro il 2030 ad un massimo del 40% entro il 2100, con picchi fino al 90% per l’Italia meridionale. Il ciclo perverso della crisi idrica provoca effetti sulla biodiversità con l’estinzione (già in atto) di molte specie, perdita delle zone umide, l’incremento di parassiti e patologie, della frequenza e intensità degli incendi forestali”.
Le soluzioni secondo il Wwf
Il rapporto del Wwf lancia anche un appello: “È necessario intervenire in maniera concreta mettendo immediatamente in pratica la Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030, che prevede che almeno il 30% delle specie e degli habitat di interesse comunitario il cui stato di conservazione non è soddisfacente, lo raggiunga entro il 2030”.
La strategia prevede anche che gli ecosistemi vengano tutelati attraverso l’incremento della superficie protetta al 30% del territorio terrestre e marino e che il 30% degli ecosistemi attualmente degradati venga ripristinato.