L’overshoot. Così l’Italia brucia le sue risorse prima del 19 maggio
Analisi di Unicusano. L'Italia è al secondo posto dopo il Giappone fra i peggiori Paesi per l'eccessivo consumo di risorse naturali. E da giugno cominceremo a usare le risorse altrui
Nel 2024 l’Italia è arrivata a consumare il 500% delle sue risorse, ovvero cinque volte le sue possibilità annuali. E così, già prima della fine di maggio, avrà prosciugato tutte le fonti naturali del suo territorio. Peggio di lei soltanto il Giappone. Se non ci sarà un’inversione di tendenza, nel prossimo futuro soltanto l’Italia dovrebbe, “immaginariamente”, avere una superficie grande tre volte il pianeta Terra per soddisfare la crescente domanda di risorse da parte degli italiani. Ma colpiscono soprattutto Stati Uniti (cinque volte la Terra), Australia (quattro volte), Russia e Germania (3 volte). Questi sono soltanto alcuni dei principali dati diffusi dall’Unicusano (Università Niccolò Cusano) che, in una sua nuova infografica, analizza la crisi climatica e la stabilità alimentare, mettendone a fuoco i rischi e le conseguenze sociali, territoriali e imprenditoriali.
Qatar, Emirati e Usa primi per impatto climatico
A dispetto della credenza popolare, a incidere di più sulla crisi climatica del nostro pianeta sono il Qatar, gli Emirati Arabi, gli Stati Uniti e il Lussemburgo, mentre nella classifica dei più virtuosi spiccano Indonesia, Ecuador e Giamaica. Dunque nessun Paese europeo ha adottato politiche sufficienti a contrastare in modo adeguato il cambiamento del clima e l’impoverimento delle risorse: il Vecchio Continente consuma più di quanto la terra riesca “naturalmente” a produrre in un anno. E così fioccano gli overshoot day: in pochi mesi (per l’Italia sono cinque) si sono esaurite le risorse rinnovabili che il pianeta è in grado di rigenerare nell’arco di 365 giorni. Nel maggio 2023 l’Italia aveva già consumato tutte le risorse del 2024. Un aspetto di cui tener conto il prossimo 19 maggio, quando il Belpaese inizierà a bruciare in preoccupante anticipo anche le risorse del 2025.
Ad aggravare la situazione, secondo lo studio dell’Unicusano, concorrono lo spreco alimentare e l’accessibilità al cibo. Si registra uno spreco alimentare del 30% del cibo prodotto, causando l’emissione di 4,8 miliardi di tonnellate di gas serra nell’atmosfera. Soltanto in Italia lo spreco alimentare tocca i 67 Kg all’anno pro capite. Il cibo, tuttavia, è paradossalmente vittima e propulsore dei cambiamenti climatici: è responsabile di un terzo delle emissioni globali.
Azioni insufficienti
La soluzione governativa per mettere una toppa ai comportamenti superficiali di uomini e aziende degli ultimi anni arriva dalla Cop28. La strategia del superamento temporaneo della soglia di 1,5°C può aiutare, ma è necessario che vengano applicati metodi e tecnologie (costosi) in grado di rimuovere la maggior quantità di CO2 dall’atmosfera riversandola nel minor tempo possibile in mari, vegetazione e terreni.
Il progetto degli Stati Membri è dunque questo: raggiungere il picco delle emissioni entro il 2025 per poi ridurlo del 43% entro il 2030 e del 60% entro il 2035.