Rifiuti. Le imprese contro il decreto Competitività: blocco sui rifiuti industriali
Vengono classificati come rifiuti pericolosi 85 milioni di tonnellate di spazzatura prodotti dai processi economici
Con l’entrata in vigore della norma "che - in contrasto con i criteri europei che si dovranno applicare anche in Italia fra poco più di tre mesi - trasforma di fatto in pericolosi la gran parte dei rifiuti speciali che pericolosi in realtà non sono, il sistema nazionale di gestione dei rifiuti viene messo in grave difficoltà". Se non si interviene "tempestivamente", denunciano le associazioni degli operatori del settore (Fise Assoambiente, Fise Unire, Federambiente e Atia-Iswa), "nel giro di alcune settimane i pochi impianti autorizzati a trattare i rifiuti pericolosi saranno saturi e aumenterà esponenzialmente il ricorso all’esportazione dei rifiuti riclassificati, con conseguente ulteriore ingiustificata penalizzazione dei cittadini e delle imprese produttrici". Insomma, precisa una nota, c'è il "rischio di blocco totale della gestione in tutta Italia".
La norma, inserita nella conversione in legge (agosto 2014) del decreto Competitività, rivoluziona la classificazione dei rifiuti speciali con “codici a specchio”, cioè quelli che potevano essere considerati pericolosi o non pericolosi a seconda delle loro caratteristiche. La nuova disposizione comporta praticamente, con un'applicazione estrema e ingiustificata dal punto di vista scientifico del principio di precauzione, la classificazione come pericolosi di circa 2/3 dei rifiuti speciali non pericolosi prodotti in Italia, qualcosa come 85 milioni di tonnellate all'anno.
L’applicazione della nuova norma sconvolgerà l’operatività quotidiana non solo dei produttori dei rifiuti ma anche delle migliaia d'imprese impegnate nell’ordinaria gestione dei rifiuti e produrrà, a breve, diverse situazioni d'emergenza in tutta Italia, perché rifiuti che fino a ieri erano considerati non pericolosi non potranno più essere gestiti negli impianti che li hanno sinora trattati e dovrebbero essere conferiti presso impianti autorizzati a gestire rifiuti pericolosi, insufficienti però per tali quantità di rifiuti.
Si rischia così di produrre effetti contrari rispetto alla ratio della legge nella quale è contenuta, ossia aumentare il grado di competitività del sistema Italia, incrementando il negativo “turismo dei rifiuti” e favorendo di fatto la loro gestione in aziende estere. Un ulteriore colpo a un settore che già opera quotidianamente in un quadro normativo confuso, mutevole e contraddittorio.
Per questo Fise Assoambiente, Fise Unire, Federambiente e Atia-Iswa chiedono al ministero dell’Ambiente di emanare – come previsto dall'ordine del giorno approvato dalla Camera il 6 agosto 2014 – una circolare esplicativa o altro atto amministrativo per garantire, nel più breve tempo possibile, alle imprese e ai cittadini italiani condizioni applicative in linea con le disposizioni europee.
L'applicazione della norma e il cambio di status dei rifiuti speciali speculari determina fra l'altro la necessità di una revisione dei contratti (le cosiddette “omologhe”) in essere tra produttori e imprese incaricate della gestione dei rifiuti, che dovranno ora prevedere un diverso iter per il loro trattamento e richiedere modifiche autorizzative che, nella migliore delle ipotesi, comportano tempi molto lunghi.