Salute o stipendio? Tensione lavoratori-Greenpeace all’Enel di Brindisi
Motivo del contendere i manifesti dell’associazione contro il carbone. I dipendenti: “Le bugie degli ambientalisti hanno le gambe corte”. Ma per l’Agenzia Ue dell’ambiente nel 2011 la centrale “Federico Secondo” era il sito industriale più inquinante d’Italia. Partito il processo ai dirigenti con settanta istanze di parte civile
I manifesti della discordia: alta tensione a Brindisi tra gli ambientalisti e i lavoratori nei giorni in cui prende avvio – a Bari – il processo a 13 dirigenti dell’impianto Enel per la diffusione delle polveri di carbone.
Una serie di affissioni a firma di Greenpeace ritrae la centrale brindisina “Federico Secondo” accanto ai primi piani di alcuni bambini. E vi si legge: “Le centrali a carbone della tua città hanno nuovi filtri. I polmoni di questo bambino no”. L’associazione con questa nuova iniziativa chiede che l’impianto non venga più alimentato a carbone e ricorda come l’Agenzia europea per l’ambiente abbia segnalato nel 2011 la centrale di Brindisi come “il sito industriale più inquinante d’Italia”.
Le emissioni (dati 2009) determinano una mortalità prematura stimabile in 119 casi l’anno e, secondo Greenpeace che cita uno studio del Cnr con l’Asl locale, esiste a Brindisi un eccesso del 18% di patologie neonatali, con uno scarto che raggiunge quasi il 68% in riferimento alle malattie congenite cardiovascolari.
Ma i dipendenti dell’Enel non ci stanno. “La campagna di Greenpeace contro i lavoratori della centrale è vergognosa – scrive in una nota il loro comitato – ma le bugie hanno le gambe corte. Altro che filtri e foto di minori ignari sui manifesti, ormai tutti sanno che quella di Greenpeace è una campagna tesa a raccogliere quattrini usando l’ambiente e la salute sulle spalle dei lavoratori”.
Tra un botta e risposta e l’altro si è aperto il processo. E sono più di settanta le istanze di costituzione di parte civile presentate al giudice monocratico contro i dirigenti Enel e due imprenditori locali. L’accusa è sostenuta dal pm Giuseppe De Nozza, che la scorsa estate – a conclusione di indagini condotte dalla Digos sulla dispersione di polveri di carbone dal nastro trasportatore della centrale e dal carbonile – ha citato in giudizio 15 persone accusate di “aver scaricato, trasportato e stoccato tonnellate di carbone all’aperto omettendo di adottare le misure di sicurezza, provocando inquinamento”.
A conclusione della prima udienza il dibattimento è stato aggiornato al 7 gennaio.