La relazione di Arera. Bollette elettriche, produzione e prezzi nei numeri di Besseghini
Nel 2022 gli aumenti in bolletta significativamente più alti in Italia che nell'area euro. Lo ha detto Stefano Besseghini, presidente di Arera, nel capitolo dedicato all’elettricità della relazione annuale
Nel corso del 2022 i diversi interventi pubblici hanno ridotto la bolletta finale dei clienti domestici, contrastando gli alti prezzi della fase di crisi. I prezzi medi dell’energia elettrica per i consumatori domestici nel 2022 hanno fatto registrare aumenti del +40% in Italia e del +13% nell’Area euro (con prezzi medi finali pari a 36,43 c€/kWh in Italia e a 27,94 c€/kWh nell’Area euro), mentre nel 2021 gli aumenti in Italia e nell’Area euro si erano mantenuti nell’intorno del +5%. Lo ha detto Stefano Besseghini, presidente di Arera, nella sua relazione annuale nel corso della quale ha fatto il quadro del sistema elettrico, dei prezzi e della produzione in Europa e soprattutto nel nostro Paese.
Prezzi
Il documento ha evidenziato che l’aumento dei prezzi lordi è dovuto alle sensibili variazioni dei prezzi netti (prezzi di energia e costi di vendita e rete), superiori in Italia (+72%) rispetto all’Area euro (+43%) e in parte compensate dagli effetti delle pur significative misure di riduzione della componente oneri e imposte adottate (-35% in Italia e -40% nell’Area euro).
Il differenziale dei prezzi lordi rispetto all’Area euro, che si era mantenuto inferiore al +6,5% negli anni 2020 e 2021, per l’Italia nel 2022 raggiunge , in media, quota +30% ed è positivo per tutte le classi: si verifica pertanto una inversione di tendenza (rispetto al percorso di miglioramento relativo dei prezzi avviato nel 2017), in particolare, nelle classi DB (consumi da 1.000 a 2.500 kWh/a) e DC (consumi da 2.500 a 5.000 kWh/a), nella quali si concentrano i maggiori consumi nel nostro Paese, dove il differenziale per i prezzi lordi era rimasto debolmente negativo nei due anni precedenti.
In relazione ai prezzi netti, i differenziali si confermano come nel 2021 positivi rispetto all’Area euro per tutte le classi di consumo, con valori quest’anno prossimi al 30% in tutte le classi eccetto che nell’ultima, dove risultano pari al +43%; nelle classi DB e DC, in particolare, i differenziali erano pari rispettivamente al +7% e al +3% nel 2021. L’ultima classe, che rappresenta una quota residuale dei consumi, è quella interessata dai maggiori divari nei prezzi di energia e vendita (+62%), compresi tra il +50% e il +55% nelle altre classi. Guardando alla classe di consumo intermedia DC (2.500-5.000 kWh/a) – rappresentativa del cliente domestico, in quanto oltre ad avere il maggior peso in termini di energia venduta (41%) include il cliente tipo normalmente di riferimento per l’Autorità – il prezzo lordo è aumentato del 46%, a fronte di un incremento medio nell’Area euro del 13% e di aumenti molto più contenuti nei paesi principali (+9% in Spagna, +8% in Francia e +3% in Germania). Sempre guardando ai valori al lordo delle imposte, le famiglie italiane con consumi in questa classe pagano un prezzo di 33,71 c€/KWh che corrisponde al 58% in più delle francesi e al 9% in più delle spagnole, mentre è del tutto confrontabile con il prezzo pagato dalle famiglie tedesche, rispetto al quale lo scarto positivo è limitato al 2% circa.
Calano consumi e produzione (-1%)
I consumi di energia elettrica – ha sottolineato Besseghini - si sono ridotti dell’1,1%; la diminuzione dei consumi elettrici è stata più sensibile nell’industria (-3,9%), nel residenziale (-2,8%) e nell’agricoltura (-1,7%), in aumento invece nel settore terziario (+4%). La domanda nazionale è stata soddisfatta per poco più dell’86% dalla produzione nazionale, mentre per la parte rimanente dal saldo con l’estero. Questi valori sono in linea con quelli del 2021 (ma nel 2020 la quota di produzione nazionale era stata invece del 90%). La produzione nazionale è diminuita dell’1%, mentre le importazioni sono cresciute dell’1,8% e le esportazioni del 16,4%.
La produzione nazionale lorda nello specifico è passata dai 289,1 TWh del 2021 ai 286,9 TWh del 2022 (-1%).
La produzione termoelettrica è aumentata del 7,9%, dopo la crescita del 5,2% lo scorso anno per lo scarso contributo dell’idroelettrico. A causa della crisi nel mercato del gas, aumenti molto significativi si sono registrati nella produzione da solidi (+84,9%), da prodotti petroliferi (+91,5%) e da altre fonti di energia (+38,6%), mentre il gas naturale ha visto una diminuzione del 3,7%, anche se tale fonte ha continuato a garantire poco meno della metà della produzione lorda (48,5%, era 49,5% nel 2021).
Le fonti rinnovabili sono risultate in calo del 13,9%, ma al loro interno il fotovoltaico è cresciuto del 12,3%. In particolare: generazione idroelettrica -37,8%, data l’emergenza idrica registrata nel 2022; generazione da bioenergie -8,5%, da eolico -1,8% e da geotermico -1,7% rispetto al 2021.
Le rinnovabili hanno contribuito per circa il 35% al mix della produzione elettrica nazionale, meno che nel 2021 (quando tale quota era del 40%).
Enel è tornata a essere il primo operatore nella generazione termoelettrica (nel 2021 per la prima volta era stata superata da ENI) coprendo il 18,3% della produzione nazionale lorda, mentre per Eni, secondo operatore, la quota è pari al 13,9% (lo scorso anno la stessa si attestava al 15,8%).
Enel si è confermata anche il primo operatore nella produzione da fonti rinnovabili con il 21,5% della generazione lorda, in particolare con una quota significativa nell’idroelettrico (39,8%, in diminuzione rispetto al 41,2% dell’anno precedente) e la totalità di quelle nel geotermico. Tra i principali 15 gruppi che hanno contribuito alla produzione da energia rinnovabile c’è anche Eni che è il decimo operatore con generazione da eolico, solare e bioenergie. Significativa, come già negli anni passati, la quota nell’eolico di Erg pari all’11,7%, nonché quella di Edison che è pari al 9,5%.
Per l’anno 2022, i costi derivanti dall’incentivazione delle fonti rinnovabili sono risultati pari a circa 6,4 miliardi di euro, in rilevante calo rispetto agli anni precedenti (10,5 miliardi di euro nel 2021), per effetto degli elevati prezzi di mercato dell’energia elettrica. Nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2021 e il 31 marzo 2023 alcuni di questi costi, quelli relativi ai regimi commerciali speciali (prezzi minimi garantiti e scambio sul posto) sono stati posti a carico della fiscalità generale.
Quasi il 65% dei clienti domestici ha scelto il mercato libero
Capitolo mercato domestico. Nel 2022 il numero di punti di prelievo domestici è risultato pari a 30,1 milioni, di cui 10,6 serviti in maggior tutela e 19,5 milioni nel mercato libero. I punti domestici serviti nel mercato libero sono ormai saliti al 64,8% (dato che aggiornato a marzo 2023 arriva al 69,3%).
Se poi si guarda ai volumi, il mercato libero è ancor più ampio: nel 2022, infatti, l’energia acquistata dal settore domestico in questo mercato è salita al 68,5% dal 61% dell’anno precedente. I punti di prelievo domestici che si riforniscono nel servizio di maggior tutela sono ancora poco meno di un terzo del totale.
Nel 2022 la quota delle famiglie che acquistano l’elettricità nel mercato libero ha superato il 50% in tutte le regioni (nel 2021 mancava la Sardegna). Le regioni in cui più del 65% dei punti di prelievo domestici è servito nel libero sono otto, erano due nel 2021.
Lo switching delle famiglie è nuovamente cresciuto, sia in termini di punti di prelievo, sia in termini di volumi, avvicinandosi a quello delle utenze non domestiche. Il 17,9% dei clienti domestici – circa 5,3 milioni di punti di prelievo – ha cambiato fornitore almeno una volta nel corso dell’anno. Negli ultimi anni l’attività di switching delle famiglie ha confermato una certa accelerazione rispetto a un trend più modesto mantenuto sino al 2018.
Anche nel 2022, il numero di operatori è salito, benché in misura minore rispetto agli ultimi anni per un totale di 560 venditori attivi. 15 imprese hanno avviato l’attività di vendita nel mercato libero elettrico: tra loro, molte sono società che erano già presenti nei mercati energetici con altre attività. Risultano 66 le imprese che hanno cessato l’attività, un numero molto più ampio del passato perché include le molte operazioni di rettifica sulle attività di società che sono avvenute a seguito dell’entrata in operatività dell’Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica ai clienti finali (EVE) del Ministero della transizione ecologica.
Il gruppo Enel rimane, come sempre, l’operatore dominante dell’intero mercato elettrico italiano, quest’anno con una quota in aumento al 36,2% dal 34,4% del 2021 (dopo diversi anni di leggera discesa), grazie a un incremento delle vendite totali del gruppo discretamente positivo, pari al 4,8%. A fronte di crescite molto consistenti nelle vendite ai clienti in media tensione (+19%) e in alta tensione (+31,5%), risultano però riduzioni di quelle ai domestici (-6,3%) e una crescita molto più modesta tra i non domestici in bassa tensione (+3%). Con una quota del 7,1% il gruppo A2A si è confermato nella seconda posizione della classifica complessiva che ha raggiunto nel 2021, superando il gruppo Edison (5,3%) da sempre il primo gruppo inseguitore dell’incumbent. Nel 2022 il livello di concentrazione del mercato totale è tornato a crescere leggermente: la quota dei primi tre operatori (gruppi societari), è salita al 48,7% delle vendite complessive, mentre era al 46% nel 2021.
Il 76,7% dei clienti domestici ha sottoscritto nel mercato libero un contratto a prezzo fisso (cioè con il prezzo che non cambia per almeno un anno dal momento della sottoscrizione), mentre il 23,3% ha scelto un contratto a prezzo variabile, ovvero con il prezzo che cambia con tempi e modalità stabilite dal contratto stesso. La preferenza verso il prezzo variabile è cresciuta, anche in ragione delle particolari condizioni di mercato nel 2022; nel 2021 il contratto a prezzo variabile risultava scelto dal 18,6% dei clienti domestici.
Il 2,5% dei clienti domestici ha sottoscritto un contratto che prevede una clausola di durata minima contrattuale, nel senso che per l’applicazione del prezzo stabilito è previsto che il cliente non cambi fornitore per un minimo di tempo stabilito dal contratto stesso.
L’indicizzazione all’andamento del PUN medio (in diverse forme) è la modalità largamente più frequente sia nei contratti ai clienti domestici, sia in quelli ai clienti non domestici.
Per la prima volta dall’avvento della liberalizzazione delle forniture di energia elettrica ai clienti domestici, il mercato libero ha presentato per tutte le classi valori di prezzo notevolmente inferiori al servizio di maggior tutela, per effetto della predominanza dei contratti a prezzo bloccato nel mercato libero, che hanno contenuto o ritardato, almeno nell’immediato, gli effetti sui clienti finali degli enormi rialzi delle quotazioni nei mercati all’ingrosso evidenziati in precedenza.