Analisi. Data Center: forte crescita dei consumi energetici al 2030 (anche in Italia)
L’Italia, che ospita il 13% degli impianti europei, continua la sua espansione. Servono soluzioni per bilanciare AI e sostenibilità. Gli Usa potrebbero affrontare una carenza di energia disponibile in ogni momento, indipendentemente dalle condizioni, già a partire dal 2026
Il settore dei data center sta affrontando un’enorme sfida: quella di soddisfare le crescenti esigenze energetiche dei carichi di lavoro dell'intelligenza artificiale: gli algoritmi avanzati che la alimentano si basano su hardware ad alte prestazioni, che richiedono una grande quantità di energia. Dopo decenni di crescita stagnante, la domanda energetica negli Stati Uniti sta aumentando rapidamente ed è destinata a crescere: come evidenziato da Bcg nel report “Power Moves: How CEOs Can Achieve Both AI and Climate Goals”, la domanda di elettricità dei data center statunitensi è prevista in aumento del 15-20% all'anno, raggiungendo tra i 100 e i 130 gigawattora entro il 2030. A questo ritmo, gli Usa potrebbero affrontare una carenza di energia ferma — cioè disponibile in ogni momento, indipendentemente dalle condizioni — già a partire dal 2026: questo lasso di tempo è sufficiente per avviare nuovi progetti di generazione di energia, ma non per completarli.
Giulia Scerrato, Project Leader di BCG esperta di energy e tech, osserva: “Se negli Stati Uniti il consumo energetico dei data center cresce a ritmi esponenziali, in Europa la situazione non è da meno. L’Italia, in particolare, si distingue come uno dei mercati più dinamici, rappresentando il 13% dei data center europei e registrando una crescita annua superiore all’8%, con un ritmo di sviluppo significativamente più alto rispetto a hub storici come Germania e Olanda.”
I dati italiani
In Italia il mercato dei data center sta infatti vivendo una fase di forte espansione, con un tasso di crescita annuale significativamente superiore a quello di Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino, che si aggira tra il 4% e l’8%. Nel 2023 gli investimenti in co-location dei data center italiani hanno raggiunto i 654 milioni di euro, con un incremento del 10% rispetto all'anno precedente. Anche il valore del cloud, sia privato che pubblico, è cresciuto significativamente, raggiungendo i 4,8 miliardi di euro con quasi 70 operatori attivi sul mercato. Rimane però il tema dell’infrastruttura energetica sostenibile. Se storicamente i data center sono stati costruiti in Nord Europa anche per sfruttare le risorse naturali e le condizioni ambientali per raffreddare i server e le apparecchiature e ridurre i costi per tale operazione, oggi Paesi come Germania e Olanda stanno limitando la costruzione di nuovi data center per motivi di emissioni, consumo d'acqua e stabilità delle reti elettriche. A ciò si aggiunge l’esigenza di decentralizzare le infrastrutture, sia per ridurre la latenza nella trasmissione dei dati, sia per tematiche di sicurezza che spingono sempre più al mantenimento dei dati all’interno dei confini nazionali: questo ha portato molti hyperscaler (tra cui Amazon e Microsoft) a investire in sud Europa, incluse Italia e Spagna.
Tempo di regolazione
Con la crescita della capacità energetica assorbita dai data center italiani, quindi, è necessario accelerare lo sviluppo di una regolazione ad hoc che possa normare il settore, sostenerne la transizione e supportarne le ambizioni di crescita. L'Italia ha bisogno di una regolamentazione specifica per i data center (tuttora assimilati a generici edifici industriali, senza un codice ateco identificativo) e di un approccio sistemico per allineare la domanda con l'offerta energetica disponibile, permettendo al nostro Paese di cogliere a pieno le potenzialità del business.
Come spiega Scerrato: “Con un assorbimento energetico che già oggi è di 430 MW, pari al 3% del consumo elettrico nazionale, e un grande potenziale di espansione futura, diventa cruciale individuare soluzioni energetiche affidabili e sostenibili per supportare questa crescita. Tra le opzioni emergenti, i piccoli reattori modulari (SMR) rappresentano una possibilità interessante: possono garantire energia continua e a basse emissioni di carbonio, offrendo un’alternativa concreta alle fonti intermittenti. Tuttavia, per sfruttare a pieno questo potenziale, è essenziale accelerare lo sviluppo normativo e promuovere un dialogo strutturato tra i principali attori del settore.”