La Cina taglia gli investimenti sul carbone
Pechino vuole puntare a risorse energetiche meno impattanti
La Cina taglierà gli investimenti ai progetti di coal-to-gas e coal-to-oil a bassa efficienza energetica. Tutte le centrali di coal-to-gas che producono annualmente una quantità di energia inferiore ai due miliardi di metri cubi e le centrali alimentate a coal-to-oil che producono meno di un miliardo di metri cubi saranno escluse dai finanziamenti governativi. Lo ha comunicato la National Energy Adminsitration (Nea), authority cinese per il settore energetico.
Le centrali che producono una quantità di energia superiore alle quote fissate a livello centrale saranno invece sottoposte all'approvazione del Consiglio di Stato, il governo cinese.
La decisione di tagliare le centrali di trasformazione del carbone da parte dell'ente cinese per l'energia, scrive il quotidiano China Daily, è frutto della consapevolezza del governo della necessità di tagliare la quota di energia derivante dal carbone, ancora oggi attorno al 70%, una media di molto superiore a quella dei paesi industrializzati, e allo stesso tempo dalla necessità di non potere operare tagli eccessivi per non limitare la sicurezza energetica del Paese.
Nel mirino dell'autohority cinese ci sono soprattutto le province cinesi importatrici nette di carbone, e presto, assicurano gli esperti della Nea, verrà steso un programma per uno “sviluppo ordinato” di questo tipo di centrali assieme alla Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, l'agenzia governativa di pianificazione economica.
Tra le centrali che non dovrebbero subire modifiche ci sono quelle della Mongolia Interna, provincia settentrionale cinese ricca di carbone che rifornisce la capitale cinese con quattro miliardi di metri cubi di gas, pari a circa metà del fabbisogno.