Clima e giustizia. Ecco perché Greenpeace e ReCommon fermano il loro processo contro Eni
Era stata fissata per settembre una nuova udienza che avrebbe dovuto discutere sulle eccezioni preliminari sollevate secondo le quali nessun giudice ordinario ha giurisdizione sul caso
Greenpeace e ReCommon, che lo scorso anno con la campagna Giusta Causa avevano avviato nei confronti dell’Eni un’azione legale relativa ai temi climatici, hanno chiesto la sospensione del procedimento e hanno presentato alla Corte di cassazione un ricorso per regolamento di giurisdizione. È stata dunque rinviata la nuova udienza, che era già stata fissata per settembre, la quale avrebbe dovuto esaminare le eccezioni preliminari sollevate da Eni, ministero dell’Economia e Cassa depositi e prestiti. Secondo le eccezioni dell’Eni, del ministero e di Cdp, né un giudice ordinario né alcun altro giudice italiano hanno la giurisdizione per decidere sul clima del pianeta; qualora questa eccezione fosse stata accolta, sarebbe stato inammissibile l’intero procedimento. In altri processi simili, le eccezioni erano state accolto e le cause giudiziarie si erano fermate.
La posizione dell’Eni
L’Eni ha espresso forti perplessità sulla decisione della controparte di sospendere il procedimento, finalizzato a ottenere la sospensione della causa benché avviata dalle stesse due organizzazioni ecologiste, e attesa per settembre.
Vi è il rischio, sostiene Eni, che si apra un lungo periodo di sospensione della decisione prevista invece a breve, sospensione che consentirà alle due organizzazioni “di continuare nella campagna di disinformazione, perseguendo obiettivi mediatici che consentono maggiori slogan e minore rigore in termini di studio, analisi e valutazione, e la cui verifica da parte del giudice di ciò investito viene così procrastinata a iniziativa di chi aveva preteso di promuoverla”.
Dicono gli ambientalisti
Il timore delle organizzazioni ecologiste è che potesse essere accolta ancora una volta l’eccezione, come è già accaduto in altri processi simili, e “un esito del genere potrebbe impedire future cause climatiche in Italia contro lo Stato o imprese private”. Un parere giudiziario opposto, ricordano Greenpeace e ReCommon, era stato espresso da una recente sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani che il 9 aprile in una sentenza a favore delle “Anziane svizzere per il clima”, avevano citato lo Stato svizzero per la sua inadempienza nella lotta ai riscaldamenti climatici.