Il dibattito sulle trivelle. Cisl e Pd con il comitato antireferendum
Il comitato esecutivo del sindacato di via Po approva un ordine del giorno all'unanimità. La Cgil a Ravenna
"Il referendum sulle trivellazioni del 17 aprile rischia di generare confusione e di essere occasione di strumentalizzazione politica di un tema, quale è il rapporto tra le attività estrattive e la loro sostenibilità ambientale, delicato e strategico per l'economia dei territori e del Paese". È questa la posizione della Cisl, in un ordine del giorno approvato all'unanimità dal comitato esecutivo del sindacato di via Po, il quale si allinea con la Filctem Cgil (chimici, energia, tessili) e in disaccordo con la Fiom (metalmeccanici) la quale invece ha aderito al comitato referendario.
Il Pd - “Questo referendum è inutile. Non riguarda le energie rinnovabili, non blocca le trivelle (che in Italia sono già bloccate entro le 12 miglia, normativa più dura di tutta Europa), non tocca il nostro patrimonio culturale e ambientale”. Lo dicono in una nota i vicesegretari del Pd Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani. “Come hanno spiegato i promotori (alcune regioni) si tratta solo di dare un segnale politico. Perché nel merito il quesito riguarda la durata delle concessioni delle trivelle già in essere. Nient'altro. Ci sono alcune piattaforme che estraggono gas. Ci sono già. Vi lavorano migliaia di italiani. Finché c'è gas, ovviamente è giusto estrarre gas. Sarebbe autolesionista bloccarle dopo avere costruito gli impianti. Licenziare migliaia di italiani e rinunciare a un po’ di energia disponibile, Made in Italy. Col risultato che dovremmo acquistare energia nei paesi arabi o in Russia, a un prezzo maggiore”.
Il comitato Ottimisti e Razionali - Si è anche costituito il comitato antireferendario: “Dal gas l'energia pulita. No ai No Triv. Sì al lavoro”. Con questo slogan nasce il Comitato Ottimisti e razionali che invita gli italiani a non andare a votare al referendum. Secondo Gianfranco Borghini, presidente del comitato, si tratta di “un referendum ingannevole e dannoso”. Ingannevole, perché “i promotori vogliono far credere agli italiani che con il referendum si dirà no a nuove trivellazioni entro le 12 miglia; e questo proprio a breve distanza dalla decisione del Parlamento di approvare una legge che espressamente le vieta. Che senso ha fare spendere al paese 400 milioni di euro per dire no a qualcosa cui il Parlamento ha già detto no?”
La Filctem Cgil a Ravenna - Lunedì 14 marzo il segretario generale della Filctem Cgil, Emilio Miceli, ha partecipato a Ravenna all'assemblea dei lavoratori del distretto energetico più importante d'Italia (il Dics), l'hub dove opera Eni Upstream nel quale si gestiscono tutte le attività di estrazione, esplorazione e perforazione per l'Italia Centro-settentrionale: oltre 500 i lavoratori diretti, ma intorno al Dics si stima che ruotino più di 6000 lavoratori tra indiretti e indotto, includendo le grandi multinazionali specializzate (Baker Hughes, Saipem, Halliburton, Schlumberger) e le numerose aziende appaltatrici.
In questo distretto, non esistono al momento, né ce ne sono in fase di realizzazione, attività che si occupino di "energie alternative" in grado di assorbire gli esuberi prodotti, tanto che già nel 2015 oltre 900 lavoratori sono già in cassa integrazione.
Se il referendum del 17 aprile avesse un esito positivo, il rischio è quello di rimanere "tutti a casa": soprattutto tra i lavoratori indiretti e per quelli dell'indotto sarebbe una brutta storia. Insomma, "un errore strategico, - dice molto preoccupato Emilio Miceli - fatale per il nostro paese vietare l'estrazione di petrolio, non solo perché si graverebbe l'Italia in termini di maggiori importazioni, ma molte imprese chiuderebbero i battenti, facendo emigrare verso altri lidi frotte di ingegneri e di complesse infrastrutture tecnologiche e logistiche che rischiamo di perdere, insieme a migliaia di posti di lavoro nell'indotto, nelle quali primeggiamo perché è un lavoro che sappiamo fare, una volta tanto, tra i primi al mondo. Contraccolpi che, per aree strategiche come Ravenna e la costa meridionale della Sicilia, non ci possiamo assolutamente permettere".