Il no alle trivelle in Basilicata. Ambientalisti e sindacati contro il petrolio
Un documento sarà inviato a tutti i candidati alle prossime elezioni regionali e punta a cambiare rotta sulle fonti fossili. I dati di Confindustria e Istat sulle ricadute economiche
L’obiettivo era fornire un contributo ai candidati alle prossime elezioni regionali in Basilicata al 2030 che vada oltre il petrolio. Cgil e Uil ma anche gli ambientalisti di Legambiente hanno partecipato a un incontro che ha visto la presenza anche del vice presidente di Kyoto Club Francesco Ferrante e del presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, nel corso del quale è stato presentato un documento programmatico.
Il documento
Nel documento, dal titolo “Basilicata 2030: ambiente e lavoro oltre il petrolio” il punto focale del documento verte intorno al tema della riconversione industriale e produttiva del settore oil&gas in Basilicata come prospettiva per superare la stagione petrolifera e fondare la transizione sulla creazione di distretti energetici rinnovabili e di bioeconomia circolare. Una transizione necessaria perché secondo i proponenti l’esperienza petrolifera degli ultimi 25 anni “ha determinato conseguenze su ambiente e salute ancora non esattamente quantificate, ma ha creato anche una dipendenza tossica dai proventi delle estrazioni petrolifere che ha generato non solo un deterioramento della qualità delle politiche regionali, condizionate fortemente dai meccanismi della royalties e delle compensazioni ambientali, ma nello stesso tempo non ha migliorato le condizioni economiche generali, non ha innescato nuove economie e ha influenzato pesantemente le dinamiche del tessuto sociale nel suo approccio al mondo del lavoro e al concetto di qualità della vita, non funzionando da argine allo spopolamento”.
Secondo i promotori è necessario cambiare rotta nel rapporto con i grandi player dell’industria fossile operanti sul territorio. Una relazione che continua ad essere inquadrata solo nell’ambito di compensazioni ambientali declinate sotto varie forme (bonus gas compreso), e non sviluppa orizzonti a medio-lungo termine. Gli atti, i provvedimenti e gli strumenti adottati negli ultimi tre anni a livello nazionale e regionale non vanno nella direzione della transizione ecologica della Basilicata.
I dati di Confindustria e Istat
La questione delle ricadute economiche è comunque controversa: e-gazette pubblicò nel 2016 un documento di Confindustria Basilicata in collaborazione con il Centro Studi di Shell Italia secondo cui la Basilicata, se confrontata con i dati delle regioni del Mezzogiorno vicine (Campania, Puglia e Calabria) presentava una situazione migliore dal punto di vista economico sia in termini di royalty ricevute (tra il 2011 e il 2016 erano pari a oltre 800 milioni di euro) con un Pil pro-capite di 18.740 euro e molto superiore a quelli delle altre regioni del Sud (in media a 17.500 euro a persona), ma anche in termini di disoccupazione. Il tasso di disoccupazione della Basilicata era al 13,7% contro una media delle regioni vicine del 20%. Occorre tener presente che nel 2023 la disoccupazione, secondo l’Istat, ha toccato in Basilicata il 7,7%, un valore che è la metà di quello presente in tutto il Mezzogiorno e di poco superiore ai dati del Nord. In controtendenza è invece il dato, citato da anche da Legambiente, sullo spopolamento: tra il 2011 e il 2021 la popolazione in Lucania è calata del 6,4%, il dato più alto tra tutte le regioni italiane.
La ripartenza del fossile
In tutti i casi la corsa al fossile è comunque ripartita in Basilicata. Nell’ambito della concessione Val d’Agri, Eni, titolare con Shell della concessione, ha ripresentato a febbraio 2023 al ministero dell’Ambiente la procedura di Via per la messa in produzione del pozzo Pergola 1 in territorio di Marsico Nuovo e la realizzazione delle condotte di collegamento con il centro oli COVA di Viggiano per circa 10 km. Il periodo di sfruttamento del Pozzo Pergola 1 è ipotizzato sull’arco di almeno 30 anni. Peraltro, l’iter autorizzativo del pozzo è stato particolarmente tormentato, tanto la stessa Eni aveva comunicato la rinuncia al procedimento di VIA nel febbraio 2021. Legambiente Basilicata ha chiesto al ministero dell’Ambiente di non concedere l’autorizzazione alla messa in produzione del pozzo Pergola 1 e per questo ha organizzato un sit-in di protesta insieme alla Rete degli Studenti Medi. Basteranno a far cambiare idea al Governo?