Lo shock algerino. Le compagnie straniere rimpatriano parte del personale: quale futuro?
Dopo la strage al campo di In Amenas, costata la vita a 37 lavoratori petroliferi, i dirigenti di Bp e Statoil riflettono sulla sicurezza. E le altre compagnie attive nei vicini siti produttivi – Eni compresa – temono nuovi attacchi. Nel 2011 il 32,6% di tutto il gas che l’Italia ha importato dall’estero è arrivato dall’Algeria
di Roberto Bonafini
La strage di In Amenas cambierà qualcosa nelle decisioni future delle compagnie petrolifere straniere presenti in Algeria? È quanto si chiedono in tanti dopo lo shock provocato dell’attacco all’impianto gas di In Amenas. Il bilancio è impietoso: sono morte 67 persone, di cui 38 ostaggi e 29 terroristi. Il primo ministro algerino ha reso noto che tra le vittime confermate figurano un francese, un americano, due romeni, tre britannici, sei filippini e sette giapponesi. Dei 37 stranieri, sette non sono stati ancora identificati.
Un’autentica multinazionale dei combustibili fossili, quella controllata fuori Algeri dal consorzio Sonatrach-Bp-Statoil. “Amenas gas project” comprende dal 2006 quattro giacimenti più i servizi di raccolta e lavorazione nell’industria di Tiguentourine, a 25 chilometri fuori della città. Un tempo le major pensavano che i giacimenti potessero costituire una zona franca per gli interessi di ribelli o avversari di regime: oggi non è più così. In passato ci sono stati attacchi contro oleodotti in Egitto e Yemen e proteste presso i terminali di esportazione in Libia, ma i campi di petrolio e di gas lontani da centri abitati sono stati sempre risparmiati.
E le prime decisioni non si sono fatte attendere. La norvegese Statoil ha detto che riporterà a casa quaranta dipendenti non essenziali che lavorano in tre impianti la notte. Stessa decisione per Bp, che ha già evacuato un numero imprecisato di lavoratori amministrativi, ma anche la spagnola Compañía española de petróleos ha annunciato che rimpatrierà alcune decine di operai da due impianti nel deserto algerino.
"Investimenti a rischio" - “Un evento come questo scuote le fondamenta del clima per gli investimenti”, ha detto al “New York Times” Badr Jafar, il presidente di Crescent Petroleum, una compagnia petrolifera con sede negli Emirati Arabi Uniti, “proprio quando il mondo arabo sta cercando di recuperare un po’ di fiducia tra gli investitori in petrolio e gas”.
In un recente video pubblicato su Youtube, un gruppo ribelle algerino legato ad Al Qaeda ha mostrato un attentato su un autobus che trasportava lavoratori petroliferi algerini. Il Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento – questo il nome della cellula – ha rivendicato la responsabilità per l’attacco, avvenuto il 10 dicembre scorso. Il “salto di qualità” della macchina terroristica in Algeria è confermato dagli esperti di sicurezza, che hanno fatto sapere come l’attacco all’impianto di In Amenas potrebbe essere stato pianificato ben prima dell’operazione francese nel Mali.
Il nodo sicurezza - Intanto la maggior parte delle compagnie petrolifere che lavorano in Algeria, tra cui Anadarko, Royal Dutch Shell, Conoco Phillips e la nostra Eni, non hanno voluto sbilanciarsi sulle eventuali, nuove misure di sicurezza. Ma i responsabili dei giacimenti sanno che l’attacco ha sconvolto l’industria straniera e qualcuno vorrebbe provvedere alla sicurezza con impiego di personale proprio. Il ministro del Petrolio, Youcef Yousfi, è stato chiaro: “L’Algeria non permetterà agli stranieri di contribuire alla sicurezza delle proprie installazioni petrolifere”.
A distanza di pochi giorni dall’attentato, in Italia il flusso del gas algerino è comunque tornato a livelli normali. Lo conferma un portavoce della Snam, aggiungendo che i livelli di fornitura “sono attesi nella norma”. Il flusso nei giorni caldi era sceso a 62 milioni di metri cubi, contro una media di 75,2 dello stesso periodo del 2012. La dipendenza italiana dal metano di Algeri è innegabile: secondo gli ultimi dati rintracciabili sul sito del ministero dello Sviluppo, nel 2011 il 32,6% di tutto il gas che il nostro paese ha importato dall’estero è arrivato proprio dall’Algeria. E in alcuni periodi si è arrivati a punte del 35%.