La strategia energetica nazionale va in porto. Ambientalisti in rivolta
Realacci (Pd): “Inaccettabile che un governo in scadenza approvi un documento così importante senza fare un passaggio parlamentare”. Greenpeace, Legambiente e Wwf parlano addirittura di una sorta di “colpo di mano”
Sarà presentato in settimana, ma a molti ambientalisti già non è andato giù, che la strategia energetica sia stata firmata senza una reale discussione. “Sarebbe inaccettabile che un governo in scadenza approvasse un documento tanto importante come la Strategia Energetica Nazionale senza fare un passaggio parlamentare“ lamenta Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd.
Greenpeace, Legambiente e Wwf parlano addirittura di una sorta di ''colpo di mano'' del governo dimissionario, con il varo della Strategia energetica nazionale (Sen) che tutela, in larga parte, le fonti fossili. In effetti, a questo proposito, hanno fatto discutere le parole di Leonardo Senni, capo dipartimento per l'energia del ministero dello Sviluppo Economico, che nei giorni scorsi ha evidenziato come tra gli obiettivi della Sen ci sia “il ritorno entro il 2020 ai livelli produttivi di idrocarburi degli anni '90, con il conseguente raddoppio del contributo al fabbisogno energetico totale (dal 7% al 14%)”.
Ma, aldilà dei contenuti, il decreto interministeriale per le associazioni ambientaliste è (a priori) “un atto illegittimo, adottato da un governo in carica solo per gli affari correnti, su una materia di programmazione strategica che tutto rappresenta fuorché ordinaria amministrazione”.
La Sen, argomentano, è un documento che definisce lo sviluppo energetico dell'Italia da
qui al 2020: “un periodo troppo limitato per una strategia, ma sufficiente per ipotecare il futuro del Paese con il delineato impulso alla trasformazione in hub del gas e il via alle
trivellazioni selvagge”.
Greenpeace, Legambiente e Wwf si riservano così di impugnare gli atti di approvazione della Sen presso i fori competenti, “per contrastare con ogni strumento un piano che - qualora non vi fossero sostanziali revisioni rispetto a quanto sin qui promosso dal governo Monti - non garantirebbe al Paese alcuno sviluppo e costituirebbe, invece, un atto di grave miopia, profondamente in conflitto con ogni istanza di sviluppo sostenibile”.