Trivelle. Di Maio risponde agli ambientalisti: le abbiamo bloccate, ma ora serve un’alternativa
Il vicepremier e ministro Luigi Di Maio replica alle critiche provenienti dalle associazioni ambientaliste, che chiedono risposte sulla strategia del Governo
“Sulle trivellazioni ci siamo presi alcune responsabilità per bloccarle, ma intanto il tema è che non possiamo pensare che la politica energetica si faccia solo con un blocco: i lavoratori del settore vogliono un'alternativa”. Lo ha detto il vicepremier e ministro Luigi Di Maio, rispondendo alle critiche delle associazioni ambientaliste, che chiedono risposte sulla strategia del Governo per limitare effettivamente l'estrazione degli idrocarburi, a cominciare dal mare.
Nei giorni scorsi Greenpeace Italia, Legambiente e WWF hanno manifestato il loro sconcerto per la mancanza di una chiara strategia governativa a questo proposito, condizionata anche dalle resistenze pro-fossili all'interno dello stesso Governo. Le tre associazioni ambientaliste dichiarano di aver fatto “proposte normative per emancipare il nostro Paese e i nostri mari dai combustibili fossili e abbiamo contribuito all’individuazione di un programma per il decommissioning per oltre 30 piattaforme offshore, ma stiamo ancora attendendo risposte concrete dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal Ministero dell'Ambiente che affrontino efficacemente il rischio per l'ambiente, per la navigazione e per le attività turistiche e della pesca rappresentato innanzitutto da quegli 88 impianti (piattaforme e pozzi sottomarini offshore) localizzati nella fascia di interdizione delle 12 miglia marine, il 47,7% dei quali (42 su 88) non hanno mai avuto una Valutazione di Impatto Ambientale e che presentano un'età media di 35-40 anni (il 48% ha 40 anni), che, per la stragrande maggioranza, sono concentrati nelle mani di ENI o Edison, le quali possono ben affrontare un programma di dismissione dei pozzi improduttivi e più rischio".
Le Associazioni chiedono conto di dove sia finito il programma, frutto anche dell'intenso lavoro di lobby delle tre associazioni, concordato dai due Ministeri, a cui si aggiunge il Ministero dei Beni Culturali, con Assomineraria, relativo alla dismissione di 34 piattaforme offshore (di cui 26 nella fascia offlimits delle 12 miglia) non produttive o con pozzi prevalentemente "non eroganti" da anni.
Le Associazioni considerano non sufficiente la minimoratoria di 18 mesi per redigere un Piano delle aree, atteso da anni, che per obbligo comunitario deve essere sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica, decisa con il decreto "semplificazioni "(decreto legge 135 del 143/12/2018, convertito in legge due mesi dopo, legge n. 12 dell'11 febbraio 2019) in assenza di indirizzi chiari per la decarbonizzazione dell'economia e di chiari segnali sullo smantellamento progressivo delle piattaforme situate nell'area offlimits delle 12 miglia.
Le Associazioni hanno presentato precise proposte, non accolte, per lo smantellamento definitivo delle norme pro-petrolieri dello Sblocca Italia (decreto legge n.133/2014) ma non solo, che ancora sono vigenti relative a: 1. il titolo concessorio unico per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi, che consente ai petrolieri di avere un iter autorizzativo inarrestabile anche se sorgessero rilevanti impatti ambientali; 2. ristabilisca il divieto introdotto nel 2008 alle trivellazioni offshore Alto Adriatico per scongiurare il rischio subsidenza; 3. l'eliminazione delle scandalose franchige/esenzioni dal pagamento delle royalties per le aziende petrolifere che producono sino a 80 milioni di metri cubi di gas e 50mila tonnellate di petrolio in mare, 25 milioni di metri cubi e 20mila tonnellate l'anno a terra.