A tutto nimby. Sì al rigassificatore di Piombino, il Tar Lazio condanna Comune e ambientalisti
La sentenza condanna alle spese il municipio (90mila euro) e i ricorrenti ad adiuvandum (15mila euro). Comitati del no scatenati a Sulmona (gasdotto) e in Polesine (giacimenti in mare)
Il caso Piombino, con una sentenza che misura in denaro il costo provocato dai nimby, ma anche i casi del Polesine e di Sulmona. Tempi caldi per le opposizioni contro la realizzazione di impianti e infrastrutture. Il Tar Lazio ha emesso la sentenza sul ricorso avanzato dal Comune di Piombino contro la decisione di ormeggiare la nave rigassificatrice Golar Tundra a un molo del porto. Il tribunale ha respinto le motivazioni del Comune condannandolo al pagamento delle spese processuali per un totale di 90mila euro. Lo rende noto il Comune di Piombino (Livorno). Il Tar del Lazio ha ritenuto di non dover accogliere le motivazioni delle organizzazioni ambientaliste e quelle dell’amministrazione comunale: ora seguirà un confronto con i legali e si valuteranno eventuali ulteriori azioni. La sentenza del Tar Lazio condanna alle spese non solo il Comune di Piombino (90mila euro), ma anche per 15mila euro per i ricorrenti ad adiuvandum.
Il commento del sindaco
"È una sentenza punitiva nei confronti di un Comune che ha avuto la sola colpa di difendere la città - commenta il sindaco Francesco Ferrari. - La condanna al pagamento delle spese legali, inoltre, è assolutamente ingiustificata: il ricorso è stato considerato ammissibile in ogni sua parte e una sentenza simile non ha precedenti. Come non ha precedenti l'analoga condanna al pagamento delle spese anche a carico di Usb, Wwf e Greenpeace che avevano spontaneamente affiancato il nostro ricorso. Evidentemente il Tar ha voluto fare del Comune di Piombino un esempio per tutti gli enti che, in futuro, si troveranno in una circostanza simile alla nostra”. Greenpeace Italia e Wwf Italia hanno da sempre dichiarato la contrarietà all’ormeggio della nave nel porto di Piombino per ragioni legate agli impatti ambientali anche su aree marine di pregio, come il Santuario dei Cetacei, e a terra (che interessano il sito Padule Orti-Bottagone classificato come Zona Speciale di Conservazione e Zona di Protezione Speciale della Rete Natura 2000 dell’Unione Europea). Secondo Greenpeace Italia e Wwf Italia, rappresentate in giudizio dall’avvocato Andrea Filippini, il giudice amministrativo avrebbe dovuto certamente censurare la procedura senza precedenti.
Qui Rovigo: proteste contro le estrazioni di metano in alto mare
Intanto l'ente parco Delta Del Po Veneto ed il Coordinamento Polesine No Trivelle hanno marciato in difesa del territorio unico del Delta del Po per protestare lo sfruttamento di giacimenti di metano al largo nel golfo di Venezia. L'evento, che si è tenuto in piazza Garibaldi contesta l'ipotesi di avviare le estrazioni di metano, un'attività che quando venne condotta nel territorio del Polesine aveva causato danni significativi. Erano presenti rappresentati istituzionali locali regionali e nazionali e delle associazioni e comitati ambientalisti a difesa dell'ambiente e del territorio.
Qui Abruzzo: la lettera nimby da Sulmona
Uno dei punti principali dei progetti energetici nazionali prevede la posa del metanodotto della dorsale gas nota come Linea Adriatica, dall’Abruzzo all’Emilia. Storici avversari del progetto della locale centrale di decompressione sono i comitati cittadini di Sulmona, i quali hanno inviato al ministro Pichetto una lettera in cui chiedono la cancellazione del progetto Linea Adriatica.
Signor Ministro,
Le scriviamo a proposito del progetto Linea Adriatica della Snam, che prevede un mega gasdotto di 430 chilometri da Sulmona a Minerbio e una centrale di compressione a Sulmona.
Approfittando della guerra in Ucraina il Governo e la Snam hanno creato in Italia un clima di paura tra i cittadini sostenendo che ci sarebbe stato un elevato rischio di crisi energetica. Nell’aprile del 2022, in relazione al possibile stop del gas russo, Draghi ha affermato: “Preferiamo la pace o il condizionatore acceso?”, e insieme al ministro Cingolani ha imposto al Paese nuovi impianti metaniferi, tra cui spicca il progetto Linea Adriatica. La maggior parte degli organi di stampa ha fatto da cassa di risonanza lanciando una grande campagna di disinformazione e di terrorismo psicologico per far credere agli italiani che, venendo a mancare il gas dalla Russia, avrebbero rischiato di restare senza riscaldamento e senza elettricità.
Messaggi totalmente falsi, perché l’Italia non ha mai corso il rischio di rimanere senza gas. Il nostro Paese, con quattro gasdotti di ingresso (oltre quello dalla Russia) e tre rigassificatori, è quello che in Europa ha la migliore diversificazioni delle fonti di importazione di metano; e la Snam, con oltre 38mila chilometri di metanodotti, è il numero uno in Europa per il trasporto di gas e per gli stoccaggi.
Infatti, grazie a questa sovrabbondanza di infrastrutture metanifere, l’Italia nel 2022 non solo non ha avuto alcun problema ma ha potuto disporre di tanto gas da esportarne ben 4 miliardi e 600 milioni di metri cubi, cosa mai avvenuta in passato. Mentre, le società che operano nel settore, speculando sui prezzi del metano, hanno potuto realizzare enormi extraprofitti.
Il Governo Meloni ha proseguito sulla stessa linea di Draghi continuando ad alimentare una falsa rappresentazione della realtà, il cui prodotto è stato il varo dell’anacronistico “piano Mattei”. Una follia che prevede non solo la Linea Adriatica e i nuovi rigassificatori di Piombino e Ravenna, ma anche altri due rigassificatori a Gioia Tauro e a Porto Empedocle, oltre al raddoppio del Tap e il nuovo gasdotto EastMed-Poseidon da Israele.
Pur di imporre a tutti i costi la Linea Adriatica il Governo ha continuato a raccontare falsità. Il 20 gennaio del 2023 lei, intervenendo a L’ Aquila, ha spaventato gli italiani dichiarando: “Noi la Linea Adriatica la dobbiamo fare perché ha la funzione di portare in sicurezza il Paese e renderlo sicuro significa avere la garanzia che imprese e famiglie hanno l’energia. Dobbiamo dotarci della Linea Adriatica per garantire l’Italia”. Ma appena tre mesi dopo, il 16 aprile in una intervista al Corriere della Sera, lei ha platealmente smentito se stesso affermando: “Il nostro Paese si è lasciato alle spalle la dipendenza energetica da Mosca, grazie al gas africano”. Quindi ha ammesso che la Linea Adriatica, giustificata per fronteggiare la chiusura delle importazioni da Mosca, non serve. Allora perché insiste?
Rilasciando l’autorizzazione per la realizzazione della Linea Adriatica nel tratto Sulmona – Foligno, lei ha fatto propria in maniera del tutto acritica l’insostenibile tesi della Snam secondo cui il gasdotto Transmed (che trasporta il metano lungo la penisola) sarebbe vicino alla “saturazione” perché avrebbe una capacitò totale di trasporto da sud di 125 milioni di metri cubi/giorno, di cui 110 già utilizzata. Chiunque può comprendere che questi dati sono falsi perché, con la capacità residua di 15 milioni di mc/g sarebbe possibile importare al massimo 5,475 miliardi di metri cubi/anno (15×365), mentre l’accordo sottoscritto dall’Italia con l’Algeria prevede una importazione aggiuntiva di 9 miliardi di mc.
La prova decisiva della inutilità della Linea Adriatica la danno il Governo e la Snam. Dai documenti ufficiali, reperibili sui rispettivi siti, si ricava che l’Italia, con le attuali infrastrutture, ha una capacità di importazione e di trasporto gas da sud (Algeria, Libia, Arzebaigian) di almeno 60 miliardi di metri cubi l’anno.
I consumi del centro-sud (anno 2022) sono stati di 23,896 miliardi di m.c. Pertanto resta per il nord una disponibilità potenziale di oltre 36 miliardi di metri cubi. Escludendo la Russia, a tali quantitativi vanno aggiunti quelli relativi alle capacità dei tre rigassificatori esistenti a nord (Livorno, Panigaglia e Rovigo), pari a 18 miliardi di m.c., e quelli dalla Norvegia di 10 miliardi di m.c. più circa 1 miliardo e 500 milioni di m.c. di produzione nazionale. Questo senza considerare né Piombino né Ravenna, che valgono altri 10 miliardi di m.c.
Abbiamo così un totale di capacità disponibile per il nord Italia di oltre 65 miliardi di metri cubi di gas, a fronte di un consumo di 43,257 miliardi di m.c. (anno 2022). Ciò significa che in Italia c’è un surplus di capacità delle infrastrutture di trasporto e di distribuzione del metano di quasi 22 miliardi di metri cubi. Pertanto non sono necessari non solo la Linea Adriatica ma neanche i due nuovi rigassificatori di Piombino e Ravenna.
Se il confronto viene fatto, anziché con il 2022, con il 2023 (per il quale si stima, rispetto ai 68,5 miliardi di m.c. utilizzati nel 2022, una ulteriore riduzione di almeno 6 miliardi di m.c.) si allarga ancora di più la divaricazione tra capacità delle infrastrutture metanifere e fabbisogno di gas nel nostro Paese. E per il futuro le previsioni stimano un ulteriore calo dei consumi di metano, sia in Italia che in Europa.
Nonostante l’evidenza, da parte del Governo e della Snam si continua a sostenere che nel centro Italia (Sulmona) vi sarebbe una sorta di “imbuto” della rete metanifera che impedirebbe al gas di fluire verso il nord. Si tratta, in realtà, di una tesi frutto solo di fantasia. Se ci fosse davvero questo “imbuto”, nel 2023 – con le importazioni dalla Russia quasi azzerate e visto che non esiste ancora la Linea Adriatica – come avrebbero fatto i quantitativi di gas provenienti da sud a giungere al nord?
In definitiva, quella che si sta consumando da parte del Governo e della Snam è una colossale truffa a carico dei cittadini italiani perché saremo noi e le future generazioni a pagare, attraverso la bolletta energetica, i costi dell’inutile Linea Adriatica e della altrettanto inutile centrale di compressione di Sulmona. Senza contare i danni per l’ambiente e per il clima.
A trarne vantaggio sarà solo la multinazionale del gas perché, comunque vadano le cose, anche se nel tubo non passerà un solo metro cubo di gas, il guadagno per la Snam è assicurato dal mega appalto di 2 miliardi e 500 milioni di euro. Si tratta di una enorme quantità di denaro che invece potrebbe essere investita per mettere in sicurezza il territorio, sempre più colpito da eventi estremi causati dal cambiamento climatico.
Pertanto, signor Ministro, riconosca che questo progetto non ha alcun fondamento e lo cancelli. Se non lo farà questa sarà la riprova che il suo Governo non è al servizio del Paese ma è totalmente subalterno agli interessi delle grandi compagnie dei combustibili fossili.
Ci teniamo a farle sapere che noi non siamo sudditi, come ci vorrebbe il suo Governo e la Snam, ma cittadini consapevoli dei diritti e dei diritti del territorio in cui viviamo. Perciò continueremo a batterci fino in fondo per impedire che quest’opera sciagurata, dannosa e non necessaria venga portata a compimento.
Distinti saluti.
p. Comitati cittadini per l’ambiente Mario Pizzola Pietro Di Paolo