Distretto Lombardo, il Dl 66 va rivisto per gli impianti agroenergetici
Per il presidente Mattirolo, “Anzichè pianificare un utilizzo strategico degli oltre 1000 di impianti di biogas, in gran parte agricoli, che potrebbero contribuire a un futuro di reti intelligenti e compensare le fluttuazioni di fonti rinnovabili discontinue, si colpiscono investimenti già fatti, e si modificano di fatto i presupposti economici in maniera discriminante.”
Il Distretto Agroenergetico Lombardo esprime forte preoccupazione per il futuro delle agroenergie, in Lombardia, come nel resto dell'Italia, in seguito ad alcuni aspetti delle misure introdotte con il DL 66, che individua le coperture per la riduzione del cuneo fiscale.
Il punto più preoccupante per il mondo agricolo nel quale la produzione di energia con l'utilizzo di biomasse prodotte in azienda è stata soggetta finora a fiscalità agricola, è - si legge in un comunicato – “l'introduzione di un utile presuntivo pari al 25% del fatturato e non commisurato all'effettiva redditività dell'attività stessa. Si tratta quindi di una sostanziale riduzione retroattiva degli incentivi, peraltro stabiliti da normative precedenti sulle quali sono stati decisi investimenti privati e/o ottenuti finanziamenti dal sistema creditizio. Tale elemento consentirà agli imprenditori (singoli o associati) di opporsi con ricorsi legali che avranno un'elevata probabilità di accoglimento, provocando peraltro costi elevati al nostro sistema Paese.”
Questa misura colpisce in modo discriminante soprattutto gli impianti di biogas, poiché per questi il risultato economico non è fisso e predeterminabile come nel caso, per esempio, degli impianti fotovoltaici, ma risente di fattori incerti come l'andamento dei raccolti o la disponibilità di sottoprodotti.
In realtà, osserva il presidente Piero Mattirolo, “siamo in presenza di un attacco concentrico contro le energie rinnovabili, che si manifesta con particolare vigore nei confronti del mondo agricolo che produce energia. “Anziché pianificare un utilizzo strategico degli oltre 1000 di impianti di biogas, in gran parte agricoli, che potrebbero contribuire ad un futuro di reti intelligenti e compensare le fluttuazioni di fonti rinnovabili discontinue, permettendone un migliore sfruttamento, si colpiscono investimenti già fatti, nella maggior parte dei casi al prezzo di seri impegni finanziari verso le banche, e si modificano di fatto i presupposti economici in maniera discriminante.”
Al contrario, non vengono minimamente toccati gli incentivi ai grandi impianti (450 MWe), che producono energia elettrica da biomasse legnose e la cui sostenibilità ambientale è spesso discutibile, per i forti consumi energetici dovuti ai trasporti di legna da lunghe distanze.
Il settore del biogas ha dato vita ad una filiera stimata con 20.000 posti di lavoro e ha portato in Italia un settore tecnologico avanzato, nel quale le industrie nazionali sono riuscite a acquisire una posizione di preminenza e a sviluppare competenze tecniche che oggi si stanno affermando anche sui mercati mondiali, in diretta concorrenza con la Germania, tradizionale leader in questo settore.
Il decreto interministeriale sul biometano, del dicembre 2013, che tante aspettative aveva suscitato, per le molteplici sinergie con tradizionali punti di forza italiani, come la rete di gas naturale e lo sviluppo del metano per autotrazione, è invece rimasto finora lettera morta, in mancanza dei suoi decreti attuativi e, in buona sostanza, di chiare regole del gioco da parte dello Stato. Se le disposizioni e gli effetti retroattivi sugli investimenti del d.l. 66 dovessero rimanere invariati, questo si dimostrerebbe, di fatto, un favore implicito alle grandi lobby oligopolistiche dell'energia.