Le interviste di e-gazette. Ronchi (NUO): “Saranno i dati la svolta delle rinnovabili”
Lo dice Andrea Ronchi, Strategic Development Director di NUO, start-up nata da Falck Renewables
di Roberto Bonafini
Non è più sufficiente conseguire l’autorizzazione e registrare l’arrivo degli incentivi sul conto corrente. Non basta avere il vento o una buona insolazione: oggi per le rinnovabili serve altro. L’impianto deve produrre al massimo del potenziale per non mandare in rosso i conti, bisogna rassicurare gli investitori, dare ai clienti le previsioni puntuali di produzione, anticipare avarie e interruzioni di attività. E questo è reso possibile dalla capacità di elaborare i dati. Queste sono, in sintesi, le considerazioni sull’affascinante e futuribile mondo dei numeri in chiave green di Andrea Ronchi (nella foto), Strategic Development Director di NUO, startup nata da Falck Renewables. La società, che ha solo un anno di vita, elabora dati e piattaforme di analisi per gestire in modo ottimale gli impianti rinnovabili, per farli fruttare nel modo migliore, per prevedere e prevenire i guasti. Un lavoro reso difficilissimo dal “fai da te” della componentistica fotovoltaica, dove fornitori diversi e tecnologie differenti non permettono uno scambio omogeneo delle informazioni.
Il vostro lavoro si alimenta di rinnovabili e digitalizzazione, che sono le colonne del Pnrr, il piano nazionale che dovrà gestire il “recovery fund” e i programmi europei Next Generation.
In effetti le due mission, digitalizzazione e transizione energetica, sono una legata l’una all’altra: la grande sfida energetica al cambiamento climatico è quella di rendere più programmabili le rinnovabili, e per questo motivo entra in campo la digitalizzazione dei processi. Altrimenti, questa partita non la giochi proprio. Credo sia questo un po’ lo spirito del Pnrr.
Come cambierà, secondo lei, il settore degli asset rinnovabili?
Tutte le aziende operanti nelle rinnovabili sono obbligate a crescere a dismisura negli anni a venire: si stima dai 2 TW attuali a 12 TW al 2050. Se poi si aggiunge che è finita l’era degli incentivi e che tutti gli operatori devono andare in market parity grazie a costi della tecnologia e delle installazioni, calati fortemente, si capisce allora che le complicazioni sono aumentate per tutti: fino a poco tempo fa con i generosi incentivi l’80% del lavoro era conseguire l’autorizzazione all’impianto. Oggi questo non basta più e l’impianto deve produrre al massimo del potenziale per non mandare in rosso i conti, poi bisogna occuparsi di molti altri aspetti come la vendita o i power purchase agreement con aziende che “ritirino” l’energia e che esigono previsioni puntuali sulla produzione futura.
Ed è qui che una start-up come NUO ha la sua ragion d’essere
L’azienda nasce all’inizio del 2020, pensata già in partenza da Falck Renewables per essere lanciata sul mercato mondiale, mettendo a disposizione dei clienti globali quanto messo a punto per la gestione dei suoi asset nei diversi Paesi. Dopo un anno e mezzo di lavoro sul progetto, la svolta è stata quella di creare una società indipendente che potesse sfruttare le nuove opportunità di innovazione digitale. L’aspetto particolare dello sviluppo è che normalmente le grandi corporate partono da start-up che si trovano già sul mercato e cercano di acquisirle in fase embrionale per poi massimizzarne il business, mentre in questo caso è accaduto il contrario.
Quanti asset state gestendo attualmente?
Stiamo lavorando su 1,2 GW tra eolico e fotovoltaico di Falck Renewables e altri 2 della controllata Vector Renewables che gestisce impianti solari di terzi. Tra ottobre e novembre abbiamo iniziato poi a proporre le nostre soluzioni avviando la strategia di approdo al mercato.
In cosa consistono, le vostre proposte?
Abbiamo diverse soluzioni. Un primo strumento è la piattaforma di asset management in cui raccogliamo tutti i dati tecnici ed economici degli impianti e permettiamo ai gestori di svolgere le tipiche attività di carattere tecnico e commerciale per consentire un’analisi descrittiva di quello che è successo all’impianto nel passato. Il benefit di questo plug and play è che il manager ha uno strumento unico e non frammentato; evita di dover consultare tutti i mille strumenti eterogenei che gli servono per effettuare la sua analisi. In questo senso il cliente ha un dato più preciso e immediato su cui prendere le decisioni.
Mi fa un esempio per un impianto eolico?
Abbiamo sviluppato dei modelli IT per prevedere il surriscaldamento dei generatori, una questione sempre rischiosa per gli investitori perché può portare a rottura e conseguente fermo impianto, con mancati revenues e sostituzioni costose. Ebbene, abbiamo creato dei modelli con la previsione della temperatura dei generatori che ci permette un confronto in tempo reale con la temperatura rilevata dall’impianto. Se ci si basa solo sulla semplice esperienza degli operatori non si coglieranno neanche le correlazioni dei dati tra di loro: questo può avvenire con l’introduzione di “predittori” che possono evidenziare lo scostamento di una temperatura dal dato previsto per più di tre ore – distinguendola da una piccola anomalia di durata limitata. In questo modo chi gestisce l’impianto sarà in possesso di un dato più affinato, e sarà capace di lanciare una serie di allarmi per prevenire le future criticità. Questo ci consente di avvisare gli operatori fino a 24 giorni prima del fatto, e consente con largo anticipo una visita di verifica preventiva. L’allarme viene inviato anche sul breve termine con segnali, in questo caso continui, per anomalie fino a 12 ore prima della rottura prevista, in modo tale da consentire di spegnere l’impianto prima che accada il danno.
E per il fotovoltaico?
Qui la situazione è diversa: se nell’eolico tutti i componenti godono della stessa infrastruttura dati e parlano la stessa lingua, lo stesso non accade nel fotovoltaico, dove c’è minore omogeneità: in un impianto possono coesistere inverter, pannelli e contatori realizzati da aziende diverse che non dialogano e che oltretutto trasmettono i dati in maniera differente. Ciò rende molto più complicato metterli a sistema. Uno dei temi futuri dovrà essere la definizione di standard comuni su cui dovranno convergere i produttori principali di componentistica, ma anche i player minori, perché chi lavora con i dati, come NUO ma anche o gestori degli impianti, hanno un lavoro molto più complesso che impedisce di risolvere problemi.
Pare di capire che verrà sempre meno l’esperienza dell’uomo. È la famosa distopia “luddista” più volte evocata?
Assolutamente no. L’esperienza dell’uomo è ancora centrale: serve a costruire un modello, e quindi le fonti dati da coinvolgere. Ma gli esseri umani sono soprattutto chiamati a prendere le decisioni che non si possono lasciare alla macchina, la quale deve rimanere a supporto. Il gestore utilizza la propria esperienza attraverso l’analisi di dati ed effetto che concorrono nel processo. Noi di NUO proponiamo una serie di elaborazioni matematiche (che si potrebbero definire di intelligenza artificiale) in modo tale da accrescere le correlazioni sostenute dai dati e che talvolta la sola esperienza non è in grado di cogliere.