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L’ibuprofene? Cura le persone ma danneggia il mare

where Pisa when Mer, 22/01/2025 who roberto

L’inquinamento da farmaci può ridurre la capacità delle piante marine – che tra le altre cose proteggono le coste dall’erosione – di rispondere agli stress ambientali. Ogni anno nel mondo si consumano oltre 10mila tonnellate di ibuprofene, con i sistemi di trattamento delle acque reflue che non sono in grado di filtrarlo. Ecco cosa dice la ricerca dell’Università di Pisa pubblicata sul “Journal of hazardous materials”

Una cura per noi, un pericolo prateriadicymodoceanodosaucriaascherson.jpgper l’ambiente. Per la prima volta una ricerca dell’Università di Pisa, appena pubblicata sul Journal of hazardous materials, ha esaminato l’impatto di diverse concentrazioni di ibuprofene, un comune antinfiammatorio molto utilizzato anche nei mesi del Covid 19, sulle angiosperme, cioè le piante marine. Lo rivela un articolo di Unipinews. “Le angiosperme marine svolgono ruoli ecologici cruciali e forniscono importanti servizi ecosistemici, ad esempio proteggono le coste dall’erosione, immagazzinano carbonio e producono ossigeno, aiutano la biodiversità, e costituiscono una nursery per numerose specie animali”, spiega la professoressa Elena Balestri del dipartimento di Biologia dell’ateneo pisano.

In particolare, la ricerca si è focalizzata su cymodocea nodosa (Ucria) Ascherson, una specie che cresce in aree costiere poco profonde, anche in prossimità della foce dei fiumi, zone spesso contaminate da molti inquinanti, farmaci compresi.
 
La sperimentazione
La sperimentazione, spiega il sito dell’università, è avvenuta in mesocosmi all’interno dei quali le piante sono state esposte per 12 giorni a concentrazioni di ibuprofene rilevate nelle acque costiere del Mediterraneo. È così emerso che la presenza di questo antinfiammatorio, in concentrazioni di 0,25 e 2,5 microgrammi per litro, causava nella pianta uno stress ossidativo ma non danni irreversibili. Se invece la concentrazione era pari a 25 microgrammi per litro, le membrane cellulari e l’apparato fotosintetico erano danneggiate, compromettendo in tal modo la resistenza della pianta a stress ambientali.
“Il nostro è il primo studio che ha esaminato gli effetti di farmaci antiinfiammatori sulle piante marine”, dice Elena Balestri. “Attualmente, si stima che il consumo globale di ibuprofene superi le 10mila tonnellate annue e si prevede che aumenterà in futuro, e poiché gli attuali sistemi di trattamento delle acque reflue non sono in grado di rimuoverlo completamente, anche la contaminazione ambientale aumenterà di conseguenza”.
 
Servono nuove tecnologie e limiti di concentrazione
“Per ridurre il rischio di un aggravamento del processo di regressione delle praterie di angiosperme marine in atto in molte aree costiere – conclude Balestri – sarà necessario sviluppare nuove tecnologie in grado di ridurre l’immissione di ibuprofene e di altri farmaci negli habitat naturali, stabilire concentrazioni limite di questo contaminante nei corsi d’acqua e determinare le soglie di tolleranza degli organismi, non solo animali ma anche vegetali”.
 
Leggi qui la ricerca: https://www.sciencedirect.com/scienc...
 
Nella foto dell’Università di Pisa, la prateria di cymodocea nodosa (Ucria) Ascherson in regressione, Elena Balestri 

immagini
Prateria_di_Cymodocea_nodosa_Ucria_Ascherson