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Depurazione, servono investimenti per oltre 6 miliardi per adeguare le infrastrutture alla direttiva Ue

where Firenze when Gio, 03/10/2024 who roberto

La direttiva prevede una percentuale minima di riduzione dell’80% - attraverso sistemi di trattamento avanzati - di alcune sostanze appartenenti ai farmaci e alla cosmesi. Per la prima volta l’80% dei costi legati all’abbattimento degli inquinanti emergenti dovranno essere sostenuti dai produttori

Servono investimenti fino a 6,1 depuratore-a2a.jpgmiliardi di euro per adeguare i sistemi di depurazione ai parametri sugli inquinanti emergenti previsti dalla direttiva europea sul trattamento delle acque reflue urbane. Il tema è stato al centro di un convegno al Festival dell’Acqua, durante il quale è stato presentato lo studio “Progetto monitoraggio microinquinanti nelle acque reflue”, realizzato da Utilitalia e da CNR-IRSA in attesa dell’approvazione definitiva della nuova direttiva sul tema da parte di Parlamento e Consiglio UE.

 
La nuova direttiva
Atteso in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea per la fine dell’anno, il nuovo provvedimento andrà ad incidere significativamente sull’attività degli operatori idrici, prevedendo standard di qualità degli scarichi più elevati, obblighi di raccolta e trattamento anche nei piccoli agglomerati, l’abbattimento degli inquinanti emergenti e obiettivi di neutralità energetica del comparto. In particolare, la direttiva prevede una percentuale minima di riduzione dell’80% - attraverso sistemi di trattamento avanzati - di alcune sostanze appartenenti ai farmaci e alla cosmesi. “Per la prima volta – spiega Tania Tellini, direttore del Settore Acqua di Utilitalia - la direttiva europea prevede, secondo il principio “Chi inquina paga” e la Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), che l’80% dei costi legati all’abbattimento di queste sostanze vengano pagati dai produttori. Si tratta di un approccio decisamente innovativo per il settore idrico, mutuato da quanto già da tempo previsto nei rifiuti, per cui è importante comprendere come declinare al meglio l’applicazione di questa importante novità”.
 
I numeri
Secondo le stime di Utilitalia e di Fondazione Utilitatis, i costi legati all’implementazione dei sistemi avanzati di depurazione sono stimati tra un minimo di 1,6 e un massimo di 6,1 miliardi di euro. Come emerge dalla ricerca presentata oggi al Festival dell’Acqua, le acque reflue sono lo specchio delle abitudini dei cittadini, in particolare rispetto al consumo di farmaci e di prodotti cosmetici. Nello studio sono stati indagati 10 microinquinanti emergenti nelle acque reflue e negli effluenti degli impianti di depurazione, con una campagna invernale ed una estiva. Al progetto hanno preso parte 23 gestori, per un totale di 55 impianti di trattamento di acque reflue distribuiti su tutto il territorio nazionale.
 
Gli inquinanti
Dal lavoro emerge come alcune sostanze, in particolare i composti farmaceutici, faticano ad essere abbattute secondo le percentuali richieste dalla direttiva da trattamenti convenzionali; richiedono pertanto la necessità dell’implementazione di sistemi di trattamento avanzati come ozonizzazione e/o carboni attivi. Per la copertura di questi costi, la direttiva in corso di revisione prevede appunto l’istituzione di sistemi di Responsabilità Estesa del Produttore. “Il nostro studio, su un tema ambientale di attualità – sottolinea Camilla Braguglia, ricercatore CNR-IRSA - raccoglie dati riguardanti il destino, negli impianti di depurazione, di 10 microinquinanti emergenti, individuati sia dalla letteratura sia dallo studio svizzero che poi viene richiamato dalla Revisione della Direttiva. Grazie ad Utilitalia e alla partecipazione attiva delle aziende, contribuiamo ad aumentare le conoscenze sulla presenza, diffusione e rimozione di questi composti nelle acque di scarico (che per loro natura sono nettamente diverse dalle acque potabili che beviamo in sicurezza ogni giorno) con l’obiettivo congiunto di individuare strategie per la protezione dell’ambiente tramite la preziosa collaborazione tra il mondo della ricerca e della gestione”.

Fanghi di depurazione in agricoltura
Intanto, sempre a Firenze, si è parlato anche di fanghi di depurazione. Laura D’Aprile, Capo Dipartimento Sviluppo Sostenibile del MASE ha annunciato che è ripreso il lavoro tecnico, interrotto dal 2019, con il Ministero delle Politiche Agricole, ISPRA e ISS, per quanto riguarda la revisione e l’aggiornamento del decreto sull’utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura, “lavoro che intendiamo portare a termine quanto prima in linea con la Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, riforma abilitante del PNRR”. Il lavoro – ha detto - si concentrerà su tre elementi principali: il fosforo, una materia prima critica da sfruttare a pieno, la necessità di accorciare la catena di approvvigionamento dei fertilizzanti e il tema delle metodiche analitiche per gli idrocarburi, che va risolto con il supporto di ISPRA ed SNPA. “Accogliamo con soddisfazione questo annuncio – commenta il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini - in quanto il principale limite che stiamo riscontrando da anni rispetto a una corretta gestione dei fanghi di depurazione riguarda proprio una normativa ormai vetusta, che risale al 1992 e che necessita di un aggiornamento. È quanto mai necessaria una forma che renda conto dei mutati scenari e dell’evoluzione tecnologica degli ultimi anni”.

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