Utilitalia, gli investimenti nei servizi pubblici creano più valore al Sud che altrove
I dati di SVIMEZ e Utilitatis evidenziano la necessità di investimenti in una logica industriale. Un investimento aggiuntivo di 5 miliardi ridurrebbe significativamente il gap con il Nord
Il divario tra il Nord e il Sud nei servizi di pubblica utilità passa necessariamente per un rilancio degli investimenti nelle società partecipate. È emerso dal Convegno “Servizi idrici e ambientali nel Mezzogiorno: proposte di sviluppo”, promosso da Utilitalia, in occasione del quale sono stati presentati la ricerca di SVIMEZ sul ruolo dei servizi idrico-ambientali per lo sviluppo del Mezzogiorno e il “Rapporto Sud” curato dalla Fondazione Utilitatis.
Gli investimenti - Nelle otto Regioni del Sud e delle Isole (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) sono 245 le aziende attive nel settore delle utilities. Rispetto al Nord, le imprese meridionali del settore risultano scarse – 1,4 società ogni 100 mila abitanti, rispetto a una media nazionale di 3,2 - e il più delle volte sottodimensionate economicamente. Di conseguenza, la produzione di servizi di pubblica utilità al Sud, circa 201 euro per abitante, è meno di un quarto di quella del resto del Paese (972 euro). A una produzione troppo contenuta si affianca un livello troppo basso di investimenti, con poco più di 22 euro per abitante contro 124, sia pur con significative differenze a livello territoriale: in Puglia sono stati investiti in servizi di pubblica utilità 44,6 euro, oltre tre volte rispetto alla Campania (13,1).
Secondo le ricerche commissionate da Utilitalia a SVIMEZ e alla Fondazione Utilitatis, nel 2016 il comparto dei servizi di pubblica utilità ha generato al Sud un valore della produzione di oltre 4 miliardi di euro (l’1,1% del PIL del Mezzogiorno), realizzato investimenti pari a mezzo miliardo di euro e impiegato oltre 25mila addetti. Eppure, se si realizzasse un miliardo di euro di investimenti aggiuntivi nel settore delle utilities (il doppio di quanto realizzato nel 2016), verrebbero generati un incremento di produzione permanente di 900 milioni di euro, con un PIL aggiuntivo di mezzo miliardo e 11.000 nuovi posti di lavoro. Inoltre, in un’ottica temporale pluriennale, un investimento aggiuntivo di 5 miliardi determinerebbe effetti più che proporzionali rispetto a quelli prodotti con l’investimento di un solo miliardo, riducendo significativamente il gap con il Nord.
Nel Mezzogiorno, in sostanza, gli investimenti presentano una capacità di creare valore superiore ad altre aree del territorio nazionale, anche in termini più che proporzionali all’investimento stesso.
Il settore idrico - Nel settore idrico persistono numerose gestioni in economia e si registra una minore presenza di società partecipate (70% di abitanti serviti, contro il 95%) rispetto al resto del Paese; sarebbe invece opportuna una normazione regionale ispirata ai principi dell’aggregazione, per superare le frammentazioni del servizio in una logica industriale. Le reti del Mezzogiorno registrano le perdite più alte d’Italia (51%, a fronte di una media nazionale del 41) e, quanto alla depurazione, dei 1122 agglomerati in infrazione comunitaria, ben 761 hanno sede al Sud; le regioni con il più alto numero di infrazioni sono Sicilia, Calabria e Campania, territori dove il processo di consolidamento della governance è in forte ritardo, con un’elevata frammentazione gestionale e una diffusa presenza di gestioni in economia.
Il tutto costituisce un forte freno anche rispetto all’attuazione degli investimenti: il tasso si ferma al 53%, contro una media nazionale del 75 %. Alcuni segnali positivi sembrano però emergere dalla più recente pianificazione, che stima per il Mezzogiorno un investimento pro-capite superiore alla media nazionale: per il periodo 2016-2019 si prevede di investire 65 euro per abitante l’anno, a fronte dei 55 euro del Centro-Nord.
La raccolta dei rifiuti - Analoghe problematiche, d’altronde, si registrano sul fronte dei servizi ambientali, con una percentuale di raccolta differenziata ferma al 42% (20 punti percentuali in meno rispetto al Nord), un eccessivo ricorso alla discarica (40% a fronte del 16 del Centro-Nord) e una dotazione impiantistica ancora insufficiente, che è alla base della dipendenza da altre regioni per soddisfare il bisogno di trattamento.
Tutto ciò determina tariffe per i cittadini superiori rispetto al resto del Paese, con un aggravio di spesa che arriva a 70 euro l’anno per famiglia. Dal punto di vista gestionale, è evidente la scarsa presenza di società a controllo pubblico: 2 abitanti su 3 sono serviti da società private - e per alcune fasi del ciclo, ancora direttamente dai comuni - e la maggior parte dei rifiuti viene trattata in impianti privati.
Per Nicola De Sanctis, presidente della commissione Mezzogiorno di Utilitalia e amministratore delegato di Acquedotto pugliese, “il settore idrico e il settore ambientale rappresentano un’opportunità vera di crescita per il territorio. Esistono dei gap infrastrutturali e occorre dire che le regioni del Mezzogiorno, negli ultimi anni, si sono allineate alla crescita del resto d'Italia. Esistono comunque delle differenze rilevanti tra i vari territori. In questo senso la Puglia è partita molto forte e già l'anno scorso l'Acquedotto pugliese ha chiuso con 36 euro ad abitante di investimento, una cifra molto vicina alle migliori utility del Nord”.
Per Stefano Besseghini, presidente dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), “il ruolo della regolazione è quello di dare un segnale di stabilità e coerenza che si sottrae ai cicli della politica, e può dare un contributo anche nel colmare il gap Nord-Sud ancora esistente nel settore dei servizi idrici e dell'ambiente. Allo stesso modo può rispondere alle necessità di cooperazione tra tariffa e investimenti pubblici, adeguandosi in modo flessibile, anche con meccanismi rispettosi delle specificità territoriali, per risolvere temi come quelli ancora presenti nel Mezzogiorno o per supportare temi strategici come quello dell’innovazione”.
Adolfo Spaziani, senior advisor di Utilitalia, ha infine invitato a “riflettere sui dati e non su principi ideologici. Se l'economia va nella direzione che sembra e il mondo ha problemi climatici da affrontare, rischiamo di sbagliare direzione, se polverizziamo le nostre forze. Abbiamo una differenza sostanziale tra aree agiate dell'Italia e zone in difficoltà. Gli investimenti attraverso i servizi pubblici, tutti i servizi pubblici, hanno un effetto moltiplicatore più alto che in altre zone del Paese”.