Animalìe. Legambiente: Prato, Terni e Napoli le città degli animali
Legambiente presenta Animali in città. Premiati l'Ats Montagna di Sondrio, l'Ats di Brescia e il Comune di Pieve Emanuele. L’anagrafe canina. I costi dei canili. In Lombardia un cane ogni 7 persone
Il rapporto Animali in città 2018 di Legambiente è stato presentato a Napoli nell’auditorium della Regione Campania. Con l'occasione è stato assegnato dall'associazione il premio Città e Aziende sanitarie amiche degli animali, un riconoscimento che arriva dopo sette anni di monitoraggio.
In testa ai premiati, i comuni di Prato, Terni e Napoli e tra le aziende sanitarie locali Asl Napoli 1 Centro, Ats Montagna (Agenzia di Tutela della Salute della Montagna - Sondrio) e Asl di Barletta-Andria-Trani per i risultati raggiunti complessivamente rispetto ai diversi servizi offerti per la gestione degli animali, d'affezione e non, nei centri urbani e presi in considerazione dal rapporto annuale Animali in città.
Animali in città 2018 ha il patrocinio di Anci - Associazione nazionale comuni italiani, Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ENCI - Ente nazionale della cinofilia italiana, Anmvi - Associazione nazionale medici veterinari italiani, Fnovi - Federazione nazionale ordine medici veterinari italiani, Anmvi - Associazione nazionale medici veterinari italiani, Simevep - Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva.
L'indagine di Legambiente analizza, infatti, i dati forniti dalle amministrazioni comunali e dalle aziende sanitarie locali. Riguarda le aree urbane perché è lì che si è concentrata la crescita di cani e gatti nelle case degli italiani, quadruplicata negli ultimi 20 anni, e dove questa convivenza sempre più stretta ha bisogno di essere pensata e governata in modo nuovo. È un lavoro complesso, che incrocia numerosi parametri e indicatori e restituisce una situazione sul territorio fortemente disomogenea. Anche perché le competenze in materia sono demandate a Regioni e Comuni e, al netto della legge per la tutela di cani e gatti (la 281 del 1991), non esiste una legge nazionale che regolamenti in modo unitario la convivenza tra uomini e animali nei circa 8.000 comuni italiani.
I commenti della Legambiente - "L'azione dei comuni e delle aziende sanitarie più efficienti è purtroppo una goccia nel mare rispetto a quelle che sono le esigenze nazionali per la gestione di cani e gatti o della fauna selvatica in città, a cominciare dei cinghiali - ha dichiarato il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti. - Di questo argomento, finora, la politica nazionale si è disinteressata, come dimostrano i numeri altissimi del randagismo e dei canili lager, specialmente nel Mezzogiorno”.
"Il rapporto evidenzia quanto ancora si debba fare per una buona e corretta gestione delle politiche sugli animali in città - afferma Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia - con alcune zone d'ombra che devono essere poste all'attenzione. Prima fra tutte, la mancanza di obbligatorietà del microchip per i felini e la conseguente impossibilità di censire un numero esatto. Così come la lotta all'illegalità dove maltrattamenti e sfruttamento per combattimenti clandestini sono presenti anche nella nostra regione. Un plauso quindi a chi, tra le amministrazioni e le aziende territoriali sanitarie, si fa carico di mettere in campo azioni e informazioni utili ai cittadini".
La spesa pubblica - Vediamo allora che cosa emerge da questa settima edizione e quali sono i cambiamenti principali rispetto allo scorso anno. Innanzitutto 218 milioni di spesa pubblica, di cui 167 milioni dichiarati dalle amministrazioni comunali e 51 milioni dalle aziende sanitarie locali. Moltissimo rispetto ai risultati raggiunti, e se si considera che hanno fornito risposta solo il 9% dei comuni e il 47% delle aziende sanitarie locali. Sono comunque 27 milioni di euro in meno rispetto all'anno precedente, prevalentemente sottratti alla spesa sanitaria, un calo drastico, che non aiuta a risolvere difficoltà ad oggi ancora consistenti. Il grosso dei costi dichiarati è assorbito dai canili rifugio, strutture indispensabili secondo il modello attuale, ma fallimentari rispetto al benessere animale e alla prevenzione del randagismo.
I costi dei canili pubblici - In particolare, i comuni dichiarano di spendere il 95% del bilancio destinato al settore per la gestione dei canili, circa 159.163.575,00 di euro della spesa stimata per il 2016. Dichiarano di gestire queste strutture in proprio nel 3,2% dei casi, tramite ditte o cooperative con appalto pubblico nel 30,53% dei casi, tramite associazioni in convenzione nel 46,1% dei casi. Solo un quinto dei comuni dichiara tuttavia di sapere quante siano le strutture dedicate agli animali d'affezione. Dai dati forniti risultano 181 canili sanitari, 73 gattili sanitari, 238 canili rifugio, 62 oasi feline, 18.122 o 16.542 colonie feline (in due domande del medesimo questionario le risposte ricevute dalle amministrazioni comunali variano incomprensibilmente), 1.369 aree urbane per cani, 152 pensioni per cani, 169 allevamenti di cani, 201 campi di educazione e addestramento cani.
Il 66% delle amministrazioni comunali ha dichiarato di aver attivato l'assessorato o l'ufficio dedicato al settore.
Il 74% delle aziende sanitarie locali ha risposto di avere almeno il canile sanitario o l'ufficio di igiene urbana veterinaria (in 5 casi anche l'ospedale veterinario). In queste strutture le amministrazioni comunali dichiarano di impegnare complessivamente 1.324 persone (in media 1,1 unità a città) e le aziende sanitarie locali 525 persone (media 7,9 unità per azienda). La presenza dell'ufficio diritti degli animali aumenta significativamente, circa un 20% in più in un solo anno, così come raddoppia il numero medio di persone impegnate in questi uffici (da 0,6 a 1,1). Una buona notizia.
Le regioni che amano animali: i dati dell’anagrafe canina - L'anagrafe canina, l'unica obbligatoria a oggi per gli animali in città e strumento fondamentale per conoscere il numero di cani con padrone, fa rapidi progressi, passando dal 2013 al 2017 da una media nazionale di un cane ogni 8,8 cittadini a uno ogni sei. È di competenza delle aziende sanitarie locali, fatta eccezione per le regioni Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia dove l'obbligo di tenerla ricade sui Comuni. La media nazionale è di un cane registrato ogni 5,6 cittadini.
Umbria, Sardegna e Friuli Venezia Giulia risultano le regioni più virtuose in quanto a registrazioni (con un cane ogni 2 o 3 abitanti circa). In fondo alla tabella Bolzano (un cane registrato ogni 7,9 abitanti), Puglia (8,4) e Calabria (13,2). Tra le aziende sanitarie, quelle che dichiarano di conoscere il numero complessivo dei cani iscritti all'anagrafe canina nel proprio territorio sono il 91% per una media di un cane ogni 7 cittadini.
Il problema dei randagi - Il randagismo rappresenta l'elemento principale di sofferenza e conflittualità per gli animali e il costo economico più significativo a carico della collettività. Il quadro della gestione dei canili - con sterilizzazioni, restituzioni e adozioni - rimane stabile: in media tre cani catturati su quattro ritrovano famiglia, ma le differenze sono enormi da Comune a Comune.
Ai capi opposti della classifica, la Asl Lanciano (Chieti) dichiara una soluzione positiva ogni 3 cani catturati, mentre la Als Cittadella (Padova) e l'ASP di Caltanissetta riporta di aver trovato soluzione quasi ogni 3 cani catturati, mentre, dall'altra parte, l'Uls Veneto Orientale ha trovato soluzione a 3 cani per ogni cane catturato. Secondo le risposte fornite dai Comuni, le performance migliori le danno Sala Baganza (Parma), Torrice (Frosinone), Lariano (Roma) e Marmirolo (Mantova) che, rispetto ad un solo cane portato in canile nel 2016, hanno trovato soluzione tra i 15 e i 10 cani.
In negativo, nel ricollocamento dei cani, sono stati Gela (Caltanissetta) con un solo cane assegnato su 52 portati in canile e Piedimonte Etneo (Catania) con 1 cane su 40, come conferma anche l'incrocio dei dati con quelli sull'anagrafe canina regionale.