Fukushima 13 anni dopo. Ricomincia il recupero del combustibile nucleare fuso
Per lavorare all’interno del nocciolo, dove la radioattività rende impossibile la presenza umana, sarà usato un braccio robotico. Nel frattempo il governo giapponese aiuterà Tepco a riattivare il più grande impianto nucleare giapponese, la centrale di Kashiwazaki-Kariwa, ritenuta essenziale per la produzione energetica
Tokyo Electric Power (Tepco), la compagnia elettrica proprietaria della centrale atomica di Fukushima Daiichi, ha riavviato il processo sperimentale di recupero dei detriti di combustibile nucleare fuso dal reattore 2. L’impianto nel 2011 venne travolto da un’onda anomala di tsunami che produsse il peggiore incidente nucleare dopo Cernobyl. L’evento nucleare ebbe una vittima, mentre il terremoto e lo tsunami che lo provocarono distrussero un’intera regione provocando circa 20mila morti.
Nel frattempo il governo giapponese, favorevole al riavvio di quanti più reattori nucleari possibili, ha accettato la proposta della Tepco per ottenere consenso locale al riavvio della centrale di Kashiwazaki-Kariwa, tra cui il rafforzamento delle misure di evacuazione nell’area. La Tepco desidera rimettere in funzione la più grande centrale nucleare al mondo per capacità di generazione, con l’obiettivo di ridurre i costi operativi, ma necessita ancora del consenso locale.
Il combustibile di Fukushima
I resti di combustibile contenuti nei reattori di Fukushima, altamente radioattivi, sono il primo ostacolo allo smantellamento della centrale. I reattori 1, 2 e 3 subirono la fusione del nocciolo di combustibile per le conseguenze del devastante terremoto tsunami dell’11 marzo 2011 nel Giappone nordorientale. Si stima che all’interno dei serbatoi di contenimento dei tre reattori vi siano circa 880 tonnellate di detriti di combustibile nucleare fuso. Nel piano originario, l’avvio di questa attività avrebbe dovuto avvenire nel 2021. L’intero smantellamento della centrale dovrebbe durare tra i 30 e i 40 anni.
Entrare nel nocciolo
Un primo tentativo di recupero, attraverso una struttura robotica, era iniziato il 22 agosto, ma fu interrotto in seguito a un errore nella configurazione dei tubi che sarebbero serviti per fare entrare nel nocciolo l’attrezzatura retrattile necessaria a estrarre in via sperimentale alcuni grammi di materiale radioattivo dal fondo del vessel. Si tratta di un robot controllato da remoto poiché nessun essere umano potrebbe resistere all’intensità delle radiazioni emesse dal combustibile. L’errore è stato corretto e giorni fa sono riprese le operazioni per fare entrare gli apparecchi nel nocciolo. Serviranno circa due settimane per completare il recupero di questi pochi grammi. La Tepco ha scelto di cominciare dal reattore numero 2 poiché la situazione all’interno è più chiara rispetto agli altri reattori, essendo l’unico tra i tre reattori interessati alla fusione del materiale radioattivo a non aver subito anche un’esplosione di idrogeno. Il dispositivo telescopico, dotato di uno strumento di presa, può estendersi fino a 22 metri e accedere ai detriti attraverso un punto di penetrazione nel contenitore primario di contenimento.
Il braccio robotico
È stato collegato il tubo di inserimento dell’attrezzatura ed è stata aperta la valvola che conduce nel nocciolo. Il dispositivo tubolare deve essere inserito nel reattore attraverso un punto di penetrazione situato sul lato del contenitore del reattore, che ha un diametro interno di circa 55 cm e una lunghezza di circa 2 metri. Oltre la valvola d’ingresso c’è un binario di circa 7,2 metri collegato alla base del recipiente a pressione del reattore, dove si trovano i detriti. Un braccio situato all’estremità del tubo ruoterà verso il basso per spostarsi verso la base. L’estremità del tubo è dotata di una pinza metallica a due punte per afferrare i detriti. Dopo essere entrata nella base, la pinza sarà abbassata verso i detriti sul fondo per recuperare il materiale.
Il tubo sarà poi estratto dal contenitore del reattore seguendo lo stesso percorso, e i detriti saranno collocati in una scatola di trasporto, che verrà poi trasferita tramite un carrello in una “glove box” nucleare, progettata per la manipolazione di materiale radioattivo all’interno dell’edificio del reattore.
Dopo aver misurato i livelli di radiazione e altri parametri all’interno della scatola, i detriti saranno trasferiti in un contenitore di trasporto per essere portati in un impianto di analisi nella vicina prefettura di Ibaraki.
Kashiwazaki-Kariwa
Lo scorso dicembre l’autorità nazionale di regolamentazione nucleare aveva revocato il divieto operativo imposto nel 2021 alla centrale di Kashiwazaki-Kariwa, nel nord del Giappone, consentendo alla Tepco di lavorare per ottenere l’autorizzazione locale al riavvio. Kashiwazaki-Kariwa ha sei reattori nucleari per una capacità totale di quasi 7 Gigawatt, fra i più grandi al mondo. Diversi ministri, tra cui quello dell’Industria e quello del Territorio, si sono incontrati e hanno concordato di stabilire un nuovo quadro di riferimento per aiutare a riportare l’impianto in funzione. Dal 2011 il Giappone ha potuto riavviare solo 12 reattori, con molti operatori che stanno ancora attraversando un processo di ri-licenza per conformarsi agli standard di sicurezza più severi imposti dopo il disastro di Fukushima del 2011. Il nuovo quadro di riferimento prevede che i ministeri dell’Industria e del Territorio e l’Ufficio di Gabinetto lavorino con la Prefettura di Niigata, dove si trova l’impianto, per discutere i dettagli delle misure e le modalità di attuazione. Oltre a migliorare le vie di evacuazione per i residenti in caso di incidente, il governo intensificherà i sistemi di rimozione della neve e svilupperà strutture a prova di radiazioni per i residenti, hanno detto i funzionari, citando che queste misure riflettono le richieste del governatore della Prefettura di Niigata. Il governo lancerà anche una campagna pubblicitaria su diversi media per informare i residenti.