Il Plantigrado. Movimento di liberazione degli animali: free the lobster. Or maybe don’t
Per la rubrica “Il Plantigrado” prosegue la collaborazione del naturalista Fabio Chinellato con e-gazette. Non vanno liberati in ambienti di cui non si conosce l’equilibrio ecologico animali di cui non si conosce l’origine. Mai. Nemmeno i crostacei imprigionati nel miglio verde di un acquario
di Fabio Chinellato
Gli eroi son tutti giovani e belli, così canta Guccini – e francamente faccio fatica a dargli torto. Gioventù e bellezza sono le caratteristiche che sembrano unire alcuni tra i protagonisti di quella che rischia di diventare la moda dell’estate: acquistare aragoste vive nei ristoranti per restituirle alla libertà nei nostri mari togliendole dal crudele destino della cucina. L’intento è nobile, non saprei se definirlo eroico, nemmeno per un momento voglio pensare che il desiderio di visibilità sui social (dove puntualmente queste azioni vengono pubblicate) superi lo slancio morale di fare del bene a un essere vivente.
L’essere giovani porta spesso a prendere decisioni basate sull’emotività, sullo slancio (eroico) del momento. L’essere belli (lato sensu) porta ad avere visibilità, a diventare modelli, esempi. Succede quindi che questo slancio eroico possa raccogliere consensi e desideri di imitazione guidati dal medesimo desiderio di giustizia nei confronti di un essere vivente dal destino tristemente segnato (da non mangiatore di aragoste e astici confesso che anche a me provoca tristezza vedere i crostacei vivi nel miglio verde di un acquario).
C’è un però
Però. C’è sempre un però.
Nel mio ruolo di arido e cinico tecnico non soggetto a criteri di gioventù e bellezza, essendo nel mio caso la prima relativa e la seconda ampiamente opinabile, devo etichettare questa corsa alla liberazione delle aragoste per quello che è: una cosa sbagliata e potenzialmente pericolosa.
È bene ripeterlo sempre: non vanno liberati animali di cui non si conosce l’origine in ambienti di cui non si conosce l’equilibrio ecologico. Mai.
Già, perché ci sarà pur un motivo se i rilasci di animali selvatici in natura devono (dovrebbero) essere preceduti da studi di fattibilità e programmi di monitoraggio, no?
Aragoste (o astici?)
Parliamo delle aragoste. Si tratta di crostacei diffusi in tutto il Mediterraneo e nell’Atlantico orientale. Sono animali tendenzialmente onnivori, mangiano alghe ma anche plancton, spugne, molluschi, anellidi e anche altri crostacei. Vivono in colonie a medio-basse profondità e sono legate a un territorio che raggiungono sin dagli stadi larvali.
C’è una specie principale di aragosta mediterranea, Palinurus elephas, ma ne esistono anche altre due: P. mauritanicus e P. regius.
Ora visualizziamo la scena dell’aragosta liberata tra gli scogli delle nostre coste:
Sappiamo di che specie si tratta? (sono abbastanza convinto che non tutti distinguano un’aragosta da un astice. Sì, sono due specie diverse. No, l’astice non è il maschio dell’aragosta)
Sappiamo l’origine dell’aragosta che abbiamo liberato? Non è che stiamo liberando in Sicilia un animale originario del Portogallo?
Sappiamo che tipo di ecosistema incontrerà l’aragosta? Rischia di trovare suoi consimili oppure viene introdotto in un ambiente che ha un suo equilibrio senza quel tipo di predatore?
Che effetti avrà il nuovo inquilino nell’ambiente in cui è stato introdotto? Incontrerà un predatore dopo 10 minuti? Incontrerà un suo consimile liberato per emulazione poco distante? Metteranno su una famigliola felice?
Considerando che nessun essere vivente è “un’isola” ma si porta dietro batteri e altri microorganismi simbionti e parassiti, che effetto potrebbero avere questi ultimi nell’ecosistema in cui l’aragosta viene liberata?
Tartarughine infestanti
Tutto questo mi ricorda quello che accadde qualche decennio fa con le tartarughe d’acqua dolce brasiliane (Trachemys scripta), acquistabili per pochi spiccioli nei negozi di animali, premi viventi alle sagre, gioia di molti bambini che potevano avere un animale domestico non troppo impegnativo.
Poi arrivavano puntuali le vacanze. E chi può occuparsi della piccola Tarta mentre noi siamo via? Forse è molto meglio lasciarla libera nel laghetto o nel canale vicino a casa. Lì avrà un sacco di pesciolini da mangiare e di posti dove prendere il sole.
Oggi Trachemys scripta è una delle specie aliene più invasive delle nostre acque dolci.
La sensibilità e l’empatia verso gli altri esseri viventi sono sentimenti nobili, nulla da dire. Va però ricordato che non sempre le azioni eroiche, teatrali, dal facile consenso sono anche quelle più utili.
Perché fare il gesto e poi girarsi, senza curarsi di ciò che accade sotto la superficie dell’acqua, può far bene alla nostra coscienza per un po’, ma lì sotto non c’è Sebastian che canta “in fondo al mar”. Lì sotto ci sono ecosistemi, equilibri, lotte.
Pensare
Vogliamo far cessare la pratica della bollitura a vivo dei crostacei? Smettiamo di ordinarli nei ristoranti.
Vogliamo far del bene all’ambiente? Non prendiamo iniziative e fermiamoci un attimo, solo un attimo, per pensare. Anche se questo dovesse far perdere slancio al gesto eroico.