Rapporto Ocse: la politica ambientale in Italia la fanno le emergenze
Poca programmazione per il nostro ambiente. Crescono gli investimenti nelle rinnovabili (+43% dal 2010 al 2011) ma il pericolo ora arriva dallo stress idrico. Il nodo delle ecomafie. Clini (ministro uscente): “Senza la protezione dell’ecosistema non c’è sviluppo”
L’Italia green fa progressi, ma non a sufficienza. Dalle energie rinnovabili all’acqua, passando per il consumo di suolo, nel rapporto “Italia 2013” – presentato in questi giorni – l’Ocse scatta una fotografia dei punti di forza e delle criticità del nostro paese nei settori legati a impatto ambientale e sviluppo verde.
Tanto per cominciare, il cambiamento climatico “non ha rappresentato una priorità politica italiana per la maggior parte dell’ultimo decennio”, accusa l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Anche se “tale obiettivo ha acquisito maggiore visibilità negli ultimi tempi”: nel 2012, infatti, il ministero dell’Ambiente ha presentato un ampio piano per il raggiungimento degli obiettivi al 2020 indicati dall’Unione europea.
Secondo lo studio, nel periodo 2008-2012 le emissioni atmosferiche di sostanze inquinanti in Italia sono diminuite più che nella maggior parte degli altri paesi Ocse; tuttavia, oltre metà delle trenta città europee più inquinate si trovano nel nostro paese.
Il nodo sta nel fatto che “la politica ambientale italiana è stata caratterizzata da frammentazione – avvisano i ricercatori – e la sua formulazione è dettata soprattutto dall’emergenza, con un orizzonte temporale di breve termine”.
Rinnovabili, fatturato da 21 miliardi – Gli investimenti nell’energia rinnovabile sono stati pari a 21 miliardi di euro nel 2011, con un aumento del 43% rispetto all’anno precedente. Il rapporto sottolinea che un crescente numero di imprese, incluse le pmi, ha investito in progetti legati alla tutela ambientale, all’efficienza energetica, all’uso delle risorse, e ha introdotto innovazioni in campo ambientale.
Nonostante alcuni progressi, però, la performance dell’Italia nei segmenti a monte delle rinnovabili e dei beni e servizi ambientali, nonché nell’ecoinnovazione, rimane “mediocre”. Secondo l’analisi, ciò è dovuto in parte alla debole capacità del paese in materia di innovazione.
Ancora, gli investimenti nel settore idrico e in quello dei rifiuti sono stati meno di 5 miliardi di euro nel 2010. E, avverte l’Ocse, “il cambiamento climatico renderà ancora più grave lo stress idrico che già colpisce il paese”.
Altro punto dolente è l’eco-criminalità: i Carabinieri per la tutela dell’ambiente (Ccta) impongono ogni anno tra 2mila e 6mila multe, con un gettito che va da 2 a 40 milioni di euro, ed effettua fino a duecento arresti. La maggior parte delle violazioni riguarda le attività illecite in materia di rifiuti, l’inquinamento atmosferico e le costruzioni abusive. Nel 2010 circa i due terzi dei reati sono stati registrati al sud.
Clini: "Tecnologie pulite anticrisi" – “L’ambiente è fattore di ripresa economica e di crescita. È quanto emerge dal rapporto Ocse, secondo il quale, se non si assume la protezione dell’ambiente come driver, non ci sarà sviluppo”, commenta il ministro uscente dell’Ambiente, Corradi Clini. “La crescita passa attraverso lo sviluppo di tecnologie e di sistemi che producano energia pulita – ha detto Clini – perché il mercato mondiale oggi ci sta chiedendo questo: chi fa tecnologie per l’energia pulita ha mercato, chi produce con vecchi sistemi è in crisi”.