Casale (Sogin): “L’Italia necessita di un deposito nucleare da 100mila mc”
L’ad della società nucleare ha detto non si tratterebbe di un deposito geologico previsto per i rifiuti ad alta radioattività e che occorre trovare una dislocazione sicura lontano da corsi d’acqua e in luoghi a basso rischio sismico
“Quello di cui l’Italia ha bisogno per gestire in sicurezza i rifiuti nucleari, sia per i cittadini sia per l’ambiente, è un deposito da 90-100mila metri cubi”. Lo ha detto l’amministratore delegato di Sogin Riccardo Casale nel corso di un’audizione in Senato sulla gestione combustibile nucleare esaurito e rifiuti radioattivi. “Non si tratta di un deposito geologico - ha aggiunto - perché i rifiuti a media e bassa attività non vengono messi in depositi geologici che accolgono solo quelli ad alta radioattività. La realizzazione di questa struttura risponde ad esigenze di sicurezza, anche perché alcuni siti in cui sono stoccati rifiuti non hanno più le caratteristiche di sicurezza necessarie”.
Per quanto riguarda la localizzazione, Casale ha ricordato che “Ispra ha inviato ai ministeri competenti i criteri basandosi sulle best practice internazionali. Nei criteri - ha precisato - sono elencati le distanze da fiumi e coste, la sismicità dell’area e tutti i parametri che devono essere presi in considerazione. Abbiamo un’idea di dove si possa fare e dove no, ma non possiamo dirlo ora, perché si aprirebbe una discussione nazionale in maniera scomposta che invece deve essere fatta con la massima trasparenza. È una delle infrastrutture che i cittadini di oggi e domani hanno diritto di avere, per non vedere compromessi la salute e l’ambiente. Un deposito di questo tipo deve sorgere il più lontano possibile dall’acqua, con un substrato il meno permeabile possibile. Ha esigenze, dunque, completamente diverse da una centrale, che invece va posta vicino all’acqua per il raffreddamento”.
Sull’autorità di controllo di settore, ha chiarito l’ad, “interesse di Sogin è che sia il più forte e indipendente possibile, rispondente ai criteri dettati dalla direttiva 2011/70”; infine, il mercato del decommissiong mondiale (in Italia è stimato in circa 6 miliardi di euro) “è estremamente importante e viene quotato tra i 600 e gli 800 miliardi di dollari” e sarebbe importate riuscire a intercettare “l’1% della torta”, fatto “non impossibile, visto che non ci sono molti operatori nel mondo”.