Idroelettrico - Stop alla mega-diga in Brasile. La sentenza: “Bisogna coinvolgere le popolazioni”
La corte federale ha bloccato le attività di controllo sugli indigeni in grado di consentire l’effettuazione degli studi tecnici per la realizzazione dell’impianto di Sao Luiz do Tapajòs
La corte federale dello stato brasiliano del Parà ha ordinato la sospensione della cosiddetta operazione Tapajòs, quelle attività militari e di controllo e di repressione della polizia sulle popolazioni indigene che hanno “agevolato” l’effettuazione degli studi tecnici per la realizzazione della mega diga di Sao Luiz do Tapajòs.
È stato così capovolto il precedente pronunciamento del tribunale di prima istanza che autorizzava queste pratiche.
Per il giudice João Batista Moreira e i suoi colleghi, le normative nazionali e la Convenzione 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro, a cui il Brasile aderisce, prevedono la consultazione previa, informata e libera delle comunità indigene Munduruku e di tutte le altre realtà locali messe a rischio a causa della costruzione della diga. In assenza di tutto ciò, non si può procedere nemmeno con gli studi tecnici, come di fatto stava invece accadendo.
Saõ Luiz è solo la più grande delle sette centrali idroelettriche che il governo di Brasilia intende far sorgere sul Tapajòs e sul suo affluente Jamanxin nel prossimo decennio. Gli ettari sommersi a causa delle dighe sul Tapajòs saranno quasi 200mila, di cui 11mila fanno parte di due parchi nazionali e 23mila sono coperti da foreste. Non sorprende dunque che nel dispositivo della sentenza della Corte federale sia inserito anche l’invito formale a procedere con una “seria e attenta” valutazione degli impatti ambientali cumulativi.