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Analisi. Hard to abate. Ecco come abbattere le emissioni di tir e cementifici. I costi

where Milano when Lun, 20/01/2025 who roberto

Il rapporto Zero Carbon Technology Pathways redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico. Occorrerebbero investimenti tra i 3,6 e i 6,8 miliardi di euro al 2050. Per i camion il costo chilometro è 0,65 euro per il diesel, e simili i garburanti vio e di sintesi, che sale a 1,02 euro per i veicoli elettrici e 2,47 euro per chilometro per i veicoli a idrogeno

I settori hard-to-abate sono zerocarbontech-polimi_0.jpgstati responsabili nel 2023 dell’11% delle emissioni italiane e del 13% di quelle europee, rivelando come sia complessa la sfida della decarbonizzazione nell’industria, siderurgica, chimica, ceramica, carta, vetro e cemento, poiché i loro vincoli tecnologici o operativi limitano molto l’efficacia di elettrificazione, efficientamento energetico e adozione di fonti rinnovabili. Il dato è contenuto nella seconda edizione dello Zero Carbon Technology Pathways Report, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico, che quest’anno si focalizza sui settori del cemento e del trasporto pesante su gomma (che pesa per l’8% di CO2), tra i più impattati dall’evoluzione del quadro regolatorio nei prossimi anni. “Senza intaccare in maniera decisa le emissioni di questi settori è impossibile avvicinare i target di riduzione che l’Ue si è data al 2030 e al 2050 – rileva Davide Chiaroni, vicedirettore di E&S -. Infatti, il quadro normativo si è mosso per renderne più stringenti gli obblighi: il sistema Ets ha aumentato il target di riduzione rispetto al 2005 dal -43% all’attuale -62% ed è stato affiancato dal sistema Ets 2 per quanto riguarda le emissioni prodotte dalla combustione di carburanti nei settori del trasporto e residenziale”.

Il cemento: un settore “very-hard-to-abate”
Le emissioni di CO2 lungo il processo produttivo del cemento – si apprende dal report - possono essere suddivise in emissioni dirette (dovute alla reazione di calcinazione, 48% del totale, e all’uso di combustibili, 25% del totale) ed emissioni indirette, attribuibili all’approvvigionamento di materie prime (23%) e al consumo di energia elettrica (4%). Sono diverse le leve di decarbonizzazione che consentono di ridurre le emissioni dirette, come l’efficienza di processo, l’ottimizzazione dei consumi di energia termica, l’uso di combustibili a minore impatto ambientale, la sostituzione delle materie prime: la riduzione del contenuto di calcare nel clinker e di clinker nel cemento comporta infatti una diminuzione nel rilascio di anidride carbonica.
C’è poi la carbon capture, o cattura della CO2, una leva fondamentale e imprescindibile per le emissioni non evitabili dovute alla reazione di calcinazione, alla base del processo produttivo.
L’analisi svolta nel rapporto ha modellizzato l’impatto economico di diverse tecnologie di cattura sul costo di produzione del cemento, mostrando come la carbon capture (Ccs) non sia economicamente sostenibile se non adeguatamente sostenuta. Infatti, la somma dei costi all’impianto di cattura, del trasporto e dello stoccaggio della CO2 catturata comporterebbe un aumento del costo di produzione del cemento del 150-230% rispetto all’attuale, che si rifletterebbe inevitabilmente sulla filiera delle costruzioni.

Impatto e soluzioni
Più nel dettaglio l’impatto del costo della CO2 sulla produzione del cemento evidenzia come in assenza di impianti di cattura un produttore si troverebbe a fronteggiare costi aggiuntivi di circa 82 euro per tonnellata di cemento dovuti alle quote di emissione del meccanismo Ets, rispetto a una media attuale di circa 61 euro per tonnellata, mentre il costo aggiuntivo in caso di cattura e stoccaggio della CO2 porta a un aumento, come si è visto, del 150-230%. Anche escludendo le fasi di trasporto e stoccaggio, con incentivi a copertura delle fasi di gestione della CO2 a valle, la cattura pone seri dubbi sulla sostenibilità economica dell’abbattimento delle emissioni, visti gli impatti che avrebbe sul prezzo finale del prodotto e sulla domanda di mercato.
Si è poi presa in esame la distanza tra le soluzioni identificate e quello che effettivamente accade sul mercato: nel caso del cemento la situazione è ancora più semplice da caratterizzare poiché, a meno di progettualità che però ad oggi sono ancora sulla carta, non vi sono soluzioni di cattura di CO2 su scala industriale attive nel nostro Paese. Le barriere riconosciute dagli operatori del settore sono infatti innumerevoli, prima fra tutte il costo elevatissimo della cattura e la mancanza di meccanismi a supporto degli operatori riconosciuti come adeguati, che discende dall’assenza di un quadro strategico relativo. Anche il Cbam, che dovrebbe accelerare la transizione verso un’industria del cemento decarbonizzata, non viene percepito come realmente efficace a protezione della competitività degli operatori europei: per l’installazione degli impianti di sola cattura, senza considerare lo sviluppo dell’infrastruttura di trasporto e stoccaggio, al 2050 saranno necessari tra i 3,6 e i 6,8 miliardi di euro di investimenti.
Diesel e gli altri
L’analisi ha riguardato anche le soluzioni per la decarbonizzazione del trasporto merci tramite veicoli commerciali pesanti che possono essere suddivise in due macrocategorie: uso di carburanti sostenibili che alimentano camion convenzionali, ossia dotati di un normale motore a combustione interna, oppure utilizzo di veicoli a trazione elettrica.
Nel rapporto è stato analizzato il tco (total cost of ownership) per entrambe, avendo come riferimento per il “caso base” il tir alimentato a diesel fossile, che rappresenta di gran lunga il più diffuso sul mercato.
Se si prende il caso di un camion che percorre giornalmente circa 400 chilometri, il tco di riferimento (diesel fossile) è di 0,65 euro al chilometro, che diventa 1,02 euro per i veicoli elettrici e addirittura 2,47 euro per chilometro per i veicoli ad idrogeno, mentre le soluzioni hvo (carburante sintetico) e bio-gnl (biocarburante) sono simili al “caso base”. Ma lo scenario non cambia molto anche se si considerano diversi range giornalieri, con un ampliamento delle differenze inversamente proporzionale all’aumento della percorrenza.
 
Il costo d’acquisto
Nell’analisi del total cost of ownership al variare della percorrenza giornaliera, il costo chilometrico dei mezzi a trazione elettrica impatta notevolmente il capex. Nel caso di una percorrenza pari a 400 chilometri al giorno, l’acquisto del veicolo elettrico a batterie conta per il 43% del totale e quella del veicolo a idrogeno per il 46%, contro il 20-25% delle tecnologie tradizionali. Quando la percorrenza sale a 600 chilometri al giorno, il peso scende a 28% e 37% per batterie e idrogeno, comunque superiore al 17-19% dei tir alimentati a carburanti sostenibili. Altri due elementi relativi al carburante sono di particolare interesse: una crescita del tco del veicolo a batterie superata la soglia dei 400 chilometri al giorno, dovuta alla necessità di ricorrere a infrastrutture di ricarica pubblica più costosa rispetto a quella privata, e l’impatto notevole del costo del carburante per il veicolo a idrogeno dovuto al prezzo dell’idrogeno verde.
 
Un cambio di passo
Per cementifici e camion, la distanza tra le soluzioni disponibili per la decarbonizzazione e la loro reale diffusione sul mercato, con il calcolo delle risorse teoricamente necessarie, mette in luce come sia necessario un deciso cambio di passo per supportare la decarbonizzazione dei settori hard-to-abate, a livello europeo e non solo italiano. Gli strumenti, sebbene coerenti, sono largamente insufficienti quanto a risorse disponibili. È il caso dell’European Innovation Fund, il principale programma dell’Unione Europea per promuovere lo sviluppo e l’adozione di tecnologie e processi innovativi per la decarbonizzazione dell’industria: nell’ottobre 2024, il fondo aveva destinato ai Paesi europei 7,42 miliardi di euro, di cui il 54% per i settori hard-to-abate, ma solo il 2% dei fondi europei è associato a progetti sviluppati nel nostro Paese, contro il 12% della Germania, l’11% della Spagna e il 7% della Francia. Il confronto tra i 164 milioni di euro a supporto di progetti italiani e i 3,6-6,8 miliardi necessari per la sola cattura di CO2 nel settore del cemento sono un sintomo della limitatezza della misura, oltre che delle difficoltà riscontrate dai nostri operatori nel partecipare efficacemente ai bandi.
Discorso simile per quanto riguarda il trasporto pesante su gomma: l’incentivo “Camion Green” mette a disposizione 25 milioni di euro nel 2024 per l’acquisto di veicoli sostenibili, mentre le analisi presentate nel rapporto mostrano che nel 2025 gli operatori dovrebbero investire 50 milioni in più rispetto all’acquisto di mezzi diesel per essere in linea con i target, fino a raggiungere i già citati 1,7 miliardi di euro cumulati al 2030. 

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