Il no alle trivelle in Adriatico. L’assessore veneto e i sindaci abruzzesi dicono no alle perforazioni
Per l’assessore al Territorio Corazzari, non si è tenuto conto dell’aumento del rischio di subsidenza delle aree del Delta del Po. 41 sindaci del teatino scrivono a Draghi
Da Nord a Sud, si susseguono i no al via libera del ministro della Transizione ecologica ai pozzi petroliferi in Adriatico. L’Assessore regionale al Territorio e ai Parchi del Veneto, Cristiano Corazzari, in settimana ha espresso il suo "no, senza se e senza ma” alle trivellazioni. Per Corazzari, con il via libera alla piattaforma Teodorico il Ministero della Transizione Ecologica non ha tenuto conto dell’aumento del rischio di subsidenza delle aree del Delta del Po, dimenticandosi pure dell’approvazione dell’area SIC (Sito di Interesse Comunitario) Marino “Adriatico Settentrionale Veneto - Delta del Po”, che ha come obiettivo principale quello di tutelare un ambiente marino per le sue specie, delfini e tartarughe in primis, con un habitat di particolare rilievo. L’Assessore regionale al Territorio e ai Parchi del Veneto, Cristiano Corazzari, ritorna così sul tema delle trivellazioni in Alto Adriatico, che sono previste dal Decreto Ministeriale n. 116 del 29 marzo 2021, con il via libera alla piattaforma Teodorico poco lontano dalla costa polesana. Il provvedimento ministeriale autorizza, infatti, alla perforazione di almeno venti pozzi, di cui undici nuovi, per l'estrazione del petrolio e del gas metano nell'Adriatico.
La memoria dei polesani
"Se la storia delle trivellazioni - ha continuato l’Assessore Corazzari - a qualcuno non ha insegnato nulla, non è lo stesso per noi polesani che ricordiamo benissimo, stampate nella nostra memoria, le alluvioni in questo territorio, dagli anni Trenta agli anni Sessanta". "Il Veneto e il Delta del Po - ha aggiunto - hanno già dato e non intendono sposare né promuovere un’azione che causerebbe danni irreparabili ad un territorio che stiamo valorizzando e promuovendo sul piano ambientale e turistico in una logica internazionale. Torno a ribadire la posizione negativa a questo progetto, espressa più volte, rilevando in particolar modo l'enorme pericolo derivante dal fenomeno irreversibile della subsidenza, i rischi per le attività di pesca, ricchezza economica irrinunciabile per il Polesine, il grave e negativo impatto che l’inquinamento avrebbe su alcune specie presenti nell'area, come il delfino e la tartaruga, i rischi per le aree SIC che ospitano preziosi habitat marini e i danni irreparabili che potrebbero essere causati da episodi di fuoriuscite di materiali oleosi, che a causa delle correnti stagnerebbero nel Delta".
I sindaci dell’Abruzzo
"Quando lei ha istituito il ministero della Transizione ecologica - scrivono 41 sindaci della provincia di Chieti in una lettera inviata al premier Mario Draghi e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella - tutti hanno ritenuto che un nuovo corso di politica industriale si fosse aperto per l'Italia. Ma il ministro Roberto Cingolani ci ha fatto immediatamente comprendere che così non era, poiché egli si è affrettato ad approvare la compatibilità ambientale (Via) per 11 nuovi pozzi, per l'estrazione di gas e di greggio in mare e in terraferma, bloccati dal 2014". La lettera è stata indirizzata anche a vari ministri e ad associazioni. A promuovere l'iniziativa il primo cittadino di Paglieta, Ernesto Graziani. Degli 11 pozzi autorizzati - ricordano - uno è esplorativo per idrocarburi; sei sono in terraferma in provincia di Modena; cinque in mare: due in Adriatico di fronte al delta del Po tra Veneto ed Emilia; uno di fronte ad Ancona; uno in Sicilia di fronte a Licata.
"Il ministro Cingolani - viene sottolineato nella missiva - ha con queste decisioni proceduto alla clamorosa smentita della politica proclamata dal Governo e ha calpestato l'Accordo di Parigi del 2015 e l'European Green Deal varato dall'Ue. Egli inoltre ha fatto in modo che si pervenisse all’autorizzazione Aia (Autorizzazione integrata ambientale) anche per la contestatissima centrale di compressione Snam di Sulmona (Aq). E tutto questo mentre stiamo attraversando una crisi ecologica e climatica gravissima e mentre incombe minaccioso il surriscaldamento climatico, foriero di immani disastri. Le più recenti evidenze scientifiche, pubblicate sulle migliori riviste internazionali - continuano i promotori dell’iniziativa - dimostrano non solo che il metano è un gas clima-alterante molto più potente della CO2, ma che viene immesso in grandi quantità direttamente in atmosfera lungo la filiera (pozzi, gasdotti, stoccaggi e rete di distribuzione), in ragioni di perdite più o meno occulte di cui, nonostante il dibattito internazionale, il ministero della Transizione Ecologica non tiene conto.