Le politiche energetiche di Bruxelles. L’Italia: “Tagli ingiusti per chi fa di più”. Legambiente: “Non basta”
Il ministro dell’Ambiente Galletti protesta: penalizzato chi si è impegnato per ridurre i consumi di energia e le emissioni, avvantaggiati i Paesi spreconi. La replica di Bruxelles. Il commento degli ambientalisti
"Sulla riduzione delle emissioni di gas serra l'Italia è sempre pronta a fare la sua parte, ma la proposta di distribuzione delle quote della Commissione Europea per i settori non Ets e i meccanismi di flessibilità previsti non sono equi e non tengono conto dei grandi passi in avanti fatti nel tempo dal nostro Paese". Lo afferma il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti.
"I criteri fissati dalla Commissione impongono a Stati early mover come l'Italia, cioè che prima degli altri hanno applicato politiche virtuose di riduzione, sforzi superiori a quelli che vengono chiesti a Paesi che hanno ridotto di meno in questi anni. In particolare, il punto di partenza per la riduzione prevista non tiene incredibilmente in conto il raggiungimento, e per l'Italia l'ampio superamento, degli obiettivi fissati al 2020, né paradossalmente la ridotta incidenza della nostra agricoltura nella produzione di emissioni inquinanti. La Commissione finisce così per premiare chi emette di più e punisce i comportamenti virtuosi. In occasioni ufficiali e informali, in ultimo con una lettera trasmessa domenica al Commissario Canete - conclude Galletti - avevamo chiesto alla Commissione una proposta diversa, più bilanciata, con criteri di calcolo rispondenti alla realtà: ora lavoreremo assieme agli altri Paesi per ristabilire l'equilibrio necessario".
La replica del commissario Ue - I target nazionali di riduzione delle emissioni per il 2030 sono "bilanciati ed equi". Così il commissario Ue all'energia Miguel Arias Canete replica alle accuse secondo cui gli obiettivi nazionali penalizzano Paesi come la Germania e soprattutto l'Italia, che ha anche il coefficiente di flessibilità più basso per le emissioni legate ai terreni agricoli, solo lo 0,2%. "Non stiamo penalizzando l'Italia", ha sottolineato Canete, spiegando i criteri scientifici utilizzati nei calcoli, inclusa la scelta del periodo di riferimento 2016-2018 per determinare il ritmo di riduzione delle emissioni nel primo periodo post 2020.
Insoddisfatta la Legambiente - "I target nazionali, inclusi nella proposta di regolamento adottata dalla Commissione, sono inadeguati e deboli rispetto agli obiettivi dell'Accordo di Parigi per fronteggiare la crisi climatica in corso. L'Europa dimostri con i fatti la leadership nell'azione climatica globale rivendicata a Parigi e si impegni a ridurre veramente le sue emissioni complessive di almeno il 55% entro il 2030 rispetto al 1990. Per farlo è necessario aumentare i target rispetto al 2005 per i settori non-Ets (trasporti, edifici, agricoltura e rifiuti) dal 30% al 45% e per i settori Ets - centrali elettriche e gran parte degli impianti industriali - dal 43% al 60%. Un obiettivo ambizioso, raggiungibile sia dall'Europa che dall'Italia, e indispensabile non solo per dare gambe all'Accordo, ma soprattutto per contribuire allo sviluppo di un'economia europea a basse emissioni di carbonio. La sola in grado di farci vincere la triplice sfida climatica, economica e sociale, creando nuove opportunità per l'occupazione e la competitività delle imprese europee. Una sfida che l'Europa e l'Italia non possono fallire", dichiara Mauro Albrizio, direttore dell'Ufficio Europeo di Legambiente.
L’invito dell’Onu - Presentare i documenti di ratifica dell'Accordo di Parigi sul cambiamento climatico all'appuntamento del 21 settembre. è l'invito rivolto dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ai leader mondiali, riportato dal portavoce dell'Onu Farhan Haq.