I retroscena del colossale contrabbando di gasolio libico in Italia
Bloccato il traffico da 80mila tonnellate di prodotti petroliferi tramite Malta verso Augusta, Civitavecchia e Venezia
La Procura di Catania ha arrestato nove persone (6 dei quali in carcere e 3 agli arresti domiciliari) in quanto promotori, organizzatori e partecipi di un'associazione a delinquere internazionale. Secondo le indagini della Guardia di Finanza, il petrolio proveniva dalla raffineria di Zauia, 40 chilometri a ovest di Tripoli. In un anno di indagini, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catania sono riusciti a documentare dettagliatamente oltre 30 viaggi, nei quali sono stati importati via mare dalla Libia tramite transazioni di comodo a Malta oltre 80mila tonnellate di gasolio per un valore all'acquisto di circa 30 milioni di euro. Tra i soggetti coinvolti risultano un dirigente al vertice della Maxcom Bunker, un catanese legato alla cosca mafiosa Ercolano e alcuni maltesi,i tra i quali un calciatore famosissimo negli anni ’90.
A portare avanti il traffico internazionale sarebbe stata un’organizzazione, sgominata dalla Guardia di Finanza di Catania, che si è avvalsa anche dell'opera di miliziani libici armati dislocati nella fascia costiera confinante con la Tunisia. Un business sul quale si allunga l'ombra della mafia etnea e perfino del sedicente stato islamico.
Il gasolio libico - trafugato dalla Noc (National Oil Corporation), la compagnia petrolifera nazionale della Libia, riciclato e immesso, all'insaputa dei consumatori finali, anche presso distributori stradali - è un carburante avente tenore di zolfo minore di 0,1% ed è destinato al “bunkeraggio” ossia al rifornimento delle navi.
L'associazione criminale mirava ad acquisire la disponibilità di un flusso continuo di gasolio libico ad un prezzo ribassato rispetto alle quotazioni ufficiali (in alcuni casi anche fino al 60%), così garantendo alla società italiana acquirente un margine di profitto costante e più elevato.
Il prodotto, dopo miscelazioni nei depositi fiscali della Maxcom di Augusta, Civitavecchia e Venezia, veniva immesso nel mercato italiano ed europeo (Francia e Spagna in particolare) a un prezzo similare a quello dei prodotti ufficiali, pur essendo la qualità inferiore.
Il sindacato dei benzinai - “È solo l’ultimo, in ordine di tempo, degli innumerevoli fatti di cronaca che testimoniamo quanto siano diffusi i comportamenti paralegali, prima ancora che illegittimi e criminali, nel settore dell’importazione e commercializzazione dei carburanti nel nostro Paese”, sottolinea il presidente della Fegica Cisl, Roberto Di Vincenzo. “Prima ancora che chiedere interventi repressivi, pure imprescindibili, è necessario che si prenda finalmente consapevolezza e si ammetta che il fenomeno ha salde radici interne al settore e coinvolge operatori che solitamente lavorano alla luce del sole, un piede di qua ed un piede di là, perfettamente integrati in un sistema che non solo non li respinge ma, al contrario, se li coccola come i nuovi padroni o, come dicono gli habitué della compagnia di giro dei convegni, sono il futuro”.
Le navi cisterna - La milizia armata stanziata nella zona costiera al confine con la Tunisia avrebbe consentito a navi cisterna di rifornirsi del gasolio. Il carburante sarebbe stato poi trasbordato su natanti nella disponibilità di società maltesi che lo trasportavano in porti italiani per conto della Maxcom Bunker.
"Completa estraneità" della Maxcom Bunker "ai reati che vengono contestati e profonda sorpresa per l'accaduto" è stata espressa in una nota dal presidente della società Giancarlo Jacorossi, che annuncia anche "un’indagine interna, anche avvalendosi di advisors indipendenti di elevato profilo", aggiungendo che la società "manifesta piena fiducia nella magistratura e auspica che possa farsi chiarezza quanto più rapidamente possibile".
Documenti falsi - La frode è stata attuata ricorrendo a false documentazioni che attestavano inizialmente l'origine saudita del gasolio libico e poi, successivamente, la non veritiera cessione del carburante da una delle società sussidiarie della compagnia petrolifera nazionale della Libia. Successivamente, in seguito agli articoli di alcuni giornali italiani, l'organizzazione avrebbe cambiato il sistema di frode usando falsi certificati libici. Alcune navi, giunte al largo di Malta, avrebbero trasbordato il carburante su natanti nella disponibilità di società maltesi che poi si incaricavano di trasportarlo nei porti italiani per conto della società Maxcom Bunker. Per la successiva distribuzione sul territorio nazionale del carburante importato dalla Libia dalla Maxcom Bunker, le Fiamme Gialle hanno tracciato in alcuni casi la destinazione finale del gasolio immesso in Sicilia e in Campania riuscendo a smascherare una distinta associazione a delinquere finalizzata alla sistematica evasione dell'Iva e alla vendita a distributori stradali compiacenti di gasolio extra-rete, frodando consumatori e compagnie di bandiera.
La frode - dicono gli investigatori - ha comportato un mancato incasso per il bilancio nazionale e quello comunitario di imposte per un ammontare di oltre 11 milioni di euro.