Ricerca. La prima causa di malattia e di mortalità non è l’inquinamento ma la povertà, anche energetica
Le prime evidenze dello studio RSE e il caso della città di Torino sugli effetti della povertà energetica sulla salute e sul Servizio Sanitario Nazionale
La crisi economica e la pandemia hanno accentuato alcune situazioni di vulnerabilità: in Italia le famiglie in condizioni di povertà energetica si attestano a circa 3,3 milioni - pari al 13% del totale - e i singoli individui in tale situazione risultano essere il 16%, ovvero 9,6 milioni di persone. Lo evidenziano i primi dati di uno studio RSE sulla correlazione tra povertà energetica (PE) e salute dei consumatori, con l’obiettivo di analizzarne il potenziale impatto sul Servizio Sanitario Nazionale
Un fenomeno in crescita
Tale fenomeno, spiega la ricerca, è inoltre destinato a crescere, considerate le previsioni di maggiore spesa per la climatizzazione degli edifici, come misura di adattamento ai cambiamenti climatici, e di riduzione dei redditi per effetto delle crisi economica indotta della pandemia, che si aggiunge alla fase di recessione economica degli ultimi anni. “Quello della povertà energetica è un fenomeno complesso e multidimensionale, che per essere analizzato in profondità richiede un approccio multidisciplinare; ancora una volta RSE ha saputo mettere a disposizione della comunità e dei decisori politici le proprie competenze trasversali, analizzando, per prima in Italia, una situazione che purtroppo caratterizza una parte non trascurabile della popolazione. L’obiettivo finale è incrementare la consapevolezza della gravità del fenomeno a tutti i livelli: solo così l’obiettivo della mitigazione della povertà energetica potrà occupare uno spazio prioritario nelle agende politiche dei Paesi europei”, ha anticipato l’Amministratore Delegato di RSE Maurizio Delfanti.
Un peso doppio
“Per le famiglie in povertà energetica la percentuale di spesa destinata all’energia è all’incirca il doppio rispetto a quella di famiglie in condizioni migliori, sia considerando la quota destinata a soddisfare il fabbisogno minimo di riscaldamento e raffrescamento (una spesa che per le famiglie in PE pesa per il 4%, mentre per le altre per il 2%), sia considerando la spesa energetica assoluta, che comprende anche illuminazione ed elettrodomestici (per le famiglie in PE pesa per l’8,3%, per le altre pesa per il 3,7%)”, ha dichiarato Marco Borgarello, Capo Gruppo di Ricerca Efficienza Energetica del Dipartimento Sviluppo Sistemi Energetici di RSE.
Confronto tra fabbisogno degli edifici e spese Istat
La dettagliata analisi condotta da RSE nell’ambito degli studi di ricerca di sistema, da cui è tratta questa anticipazione, si è basata su un modello di calcolo del fabbisogno degli edifici sviluppato da RSE, denominato CARAPACE, e sul database delle spese ISTAT del 2015; essa si articola sulla stima dei potenziali costi sociosanitari indotti dalla povertà energetica e sulla valutazione dei benefici derivanti da azioni di contrasto alla povertà energetica, non solo prevedendo i bonus in bolletta, ma anche attraverso investimenti sull’efficientamento energetico delle abitazioni. Su questo ultimo aspetto, in particolare, secondo RSE è opportuno soffermarsi: iniziative mirate garantirebbero un livello di comfort minimo (secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità pari ai 18° nel periodo invernale) e una minor incidenza di patologie all’apparato respiratorio e cardiovascolare associate alla situazione di povertà energetica, determinando una riduzione dei costi sociali, in particolare quelli a carico della sanità. Promuovendo lo sviluppo di politiche di incentivazione all’efficienza energetica che agiscano sul fronte della riduzione del fabbisogno energetico delle abitazioni, si favorirebbe infine la riqualificazione degli edifici, la rigenerazione urbana di aree spesso degradate e una maggiore coesione sociale e sicurezza nelle aree stesse, in linea con gli obiettivi di sostenibilità richiamati dal Green Deal e con i principi ispiratori del Recovery Fund.
Caso studio sulla città di Torino
RSE ha svolto uno studio specifico sull’area metropolitana di Torino, avvalendosi dell’esperienza e dei dati dell’Osservatorio epidemiologico ASL 3 di Torino, dimostrando che la povertà energetica può essere correlata allo stato di salute degli individui e alla probabilità di morte prematura dovuta a caldo e/o freddo. Come rileva la ricercatrice di RSE Anna Realini che ha condotto lo studio, dai primi risultati emerge che, nei quartieri caratterizzati da un più alto numero di utenti vulnerabili, la probabilità di incorrere in una morte prematura cresce del 7% e quella di ospedalizzazione cresce di un tasso compreso tra il 5% e il 46%, a seconda della fascia d’età e della patologia considerata, rispetto ai quartieri in cui il tasso di vulnerabilità energetica è medio o inferiore alla media.
Stando ai risultati finora conseguiti, si osserva una variabilità anche geografica, laddove si registra un divario fra i quartieri socio-economicamente svantaggiati e quelli più ricchi, che può essere sintetizzato dalla differenza di circa quattro anni nella speranza di vita tra gli abitanti dell’una e dell’altra zona. Oltre all’applicazione alla città di Torino, tramite eventuali ulteriori collaborazioni con altre Aziende Sanitarie, RSE estenderà lo studio ad altri capoluoghi di provincia e/o di regione ed eventualmente alle aree periferiche e rurali, che presentano caratteristiche e problematiche differenti rispetto a quelle delle città.