Tre arresti per lo speronamento di un peschereccio da parte di una petroliera
I fatti risalgono al maggio scorso. Il gip di Palermo Annalisa Tesoriere, che ha disposto l'arresto del comandante della petroliera e del terzo ufficiale, accusati di naufragio e omicidio colposo
La sera del 12 maggio scorso la petroliera Vulcanello avvista sul radar il peschereccio Nuova Iside. Cinque miglia separano le due imbarcazioni. La petroliera procede a nord di San Vito Lo Capo (Tp) senza variare la rotta. Dodici nodi costanti, con pilota automatico inserito e il peschereccio in rotta di collisione a dritta. L'impatto è inevitabile. È la drammatica ricostruzione di un naufragio "annunciato": il peschereccio viene affondato, muoiono i tre membri dell'equipaggio.
A raccontare gli istanti che precedettero la collisione è il gip di Palermo Annalisa Tesoriere, che ha disposto l'arresto del comandante della petroliera, Giuseppe Costagliola, e del terzo ufficiale, Giuseppe Caratozzolo, accusati di naufragio e omicidio colposo, mentre all'armatore, Raffaele Brullo, che risponde di frode processuale e favoreggiamento personale, sono stati concessi i domiciliari. I corpi di due dei tre membri dell'equipaggio Matteo e Giuseppe Lo Iacono e il relitto della nave vennero recuperati con l'ausilio dei mezzi della Marina Militare.
Oltre un mese dopo il naufragio venne invece trovato sulla spiaggia di Gioia Tauro il cadavere del terzo pescatore, Vito Lo Iacono. Il mistero sull'affondamento del peschereccio presto lasciò il posto ai sospetti sulla Vulcanello. Sospetti confermati dagli accertamenti disposti dopo il sequestro della scatola nera, dall'ispezione della carena della motonave e dalle perquisizioni nella sede della società armatrice che accertarono che lo scafo era stato ripitturato dopo la collisione con il peschereccio.
"Nel nostro cuore sentivamo che quella notte era successo qualcosa di strano e tremendo. Ora abbiamo la conferma di quello che già sapevamo. Confidiamo nel lavoro della magistratura perché vogliamo piena giustizia", dicono i familiari delle vittime. "Dall'ascolto degli audio restituiti dalla scatola nera - scrive il gip - non risulta alcuna comunicazione radio tra la nave ed il peschereccio, né l'azionamento di alcun avviso sonoro del radar. Per tutta la durata della navigazione, dalle 22.38, orario in cui il bersaglio appare sulla schermata radar in poi, il personale di guardia in plancia ignora la potenziale situazione di rischio e non opera alcuna forma di investigazione, radio-radar, per identificare il bersaglio o fornire istruzioni per cambiare rotta". Le strumentazioni della motonave registrarono, poi, tra le 23.02 e le 23.03 nitidi i rumori "prodotti dal contatto ripetuto di un oggetto di grandi dimensioni con l'opera morta della nave".
La petroliera, secondo gli inquirenti, avrebbe speronato il peschereccio, probabilmente trascinandolo con sé per almeno trenta secondi, scontrandosi più volte (almeno quattro, stando al numero dei tonfi che si percepiscono nitidamente dal sistema VDR) con lo scafo, che poi riappare sullo schermo radar a poppa della petroliera, questa volta sul lato sinistro, per scomparire subito dopo. Un impatto, secondo il gip, determinato dall'inosservanza da parte di chi guidava la motonave delle "elementari regole di prudenza". Duro anche il giudizio nei confronti dell'armatore "che ha manifestato una spiccata propensione a delinquere volta a mascherare lo stato dei luoghi e a frapporre ostacoli alle investigazioni per proteggere i membri dell'equipaggio e gli interessi economici della società".