Trivelle fra sì e no. La manifestazione dei “caschi gialli” e le polemiche
I lavoratori dell’oil&gas: lo stop produrrà disoccupati. Il ministro Costa e il governatore Bonaccini parlano di necessità di confronto, gli ambientalisti di difesa anacronistica
Il ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio usa bufale e fake news per giustificare un atto incostituzionale, vale a dire l'emendamento al Dl Semplificazioni che prevede la moratoria sulle trivelle. A dirlo sono i cosiddetti “Caschi gialli”, cioè i "lavoratori invisibili dell'Oil & gas, convinti che la norma "produrrà disoccupati e aumento dei costi, senza proteggere l'ambiente e perdendo ancora di più la nostra sovranità". E così, proponendo i numeri dello stesso ministero dello Sviluppo economico, su Facebook prendono in esame una per una le dichiarazioni di Di Maio, con l'obiettivo di smentirle.
A cominciare da quella secondo cui "solo il 7% del petrolio che produciamo resta in Italia, il 93% lo esportiamo": i Caschi gialli, citando il Bilancio energetico nazionale 2016 del Mise, sottolineano invece che "produciamo il 7% del petrolio che consumiamo, il 93% lo importiamo", con numeri analoghi anche per il gas. Anche la convinzione secondo cui "svendiamo agli stranieri il nostro petrolio" è confutata con dati Mise e Up, secondo cui "il gas estratto finisce nelle nostre case e genera energia elettrica", mentre "il petrolio estratto finisce nelle raffinerie italiane".
Molte precisazioni anche sul fronte fiscale: se per Di Maio "i petrolieri pagano 4 euro a km", per i Caschi Gialli fra tasse, royalties e canoni "le aziende pagano fino al 68% dei ricavi allo Stato". Messe in discussione anche le questioni sulla protezione delle nostre coste, sul mantenimento della riserva, fino alla dichiarazione secondo cui sarebbe un fatto "di sovranità energetica": ebbene, per i Caschi Gialli "con questo emendamento aumenteremo le importazioni, la dipendenza dai Paesi stranieri e gli impatti ambientali per trasportare gli idrocarburi importati".
I numeri - Il settore estrattivo sostiene miliardi di investimenti ogni anno, dà lavoro a quasi 100.000 persone in tutta Italia. Nel periodo 2018-2030, gli investimenti dei principali operatori in questo settore, in Italia, sono stimati in circa 13 miliardi di euro. Si contano ad oggi circa 57 imprese che detengono permessi di ricerca e concessioni di coltivazione e 157 che forniscono beni e servizi di supporto alle attività estrattive.
Confindustria: sulle trivelle una scelta ideologica - Confindustria esprime forte preoccupazione per le ricadute della cosiddetta norma "blocca trivelle" e per l'approccio ideologico con cui il tema è stato trattato. Il provvedimento rischia di bloccare un intero settore economico, in assenza di una credibile strategia energetica. Non è in discussione l'obiettivo di crescita delle fonti rinnovabili, ma di certo non lo si raggiunge attraverso il blocco immediato delle attività in corso di ricerca e prospezione, che appare del tutto irrazionale se si considerano gli investimenti degli operatori economici, le autorizzazioni già in essere e i prevedibili impatti occupazionali e sulla competitività del Paese. "È necessario prendere posizione perché quel che succede oggi al settore estrattivo potrebbe succedere domani a qualunque settore industriale - commenta Guido Ottolenghi, Presidente del gruppo tecnico logistica, trasporti e economia del mare di Confindustria - . Una condanna frettolosa e ideologica, le cui conseguenze ricadranno su famiglie e territori per generazioni. Facciamo appello - prosegue Ottolenghi - a ogni forza politica affinché usi competenza e moderazione nell'affrontare temi così delicati come l'energia. Prima di smantellare l'esistente totalmente e dal nulla sarebbe opportuno valutare le conseguenze e gestire la transizione. Noi siamo pronti al dialogo e rifiutiamo questo modo di pensare e di agire".
Il ministro Costa attendista - "Aspettiamo se ricorrere o no. E anche le modalità. D'altro canto, anche il confronto con le compagnie petrolifere si deve assolutamente tenere, perché nessuno è contro nessuno". Così Sergio Costa, ministro dell'ambiente, rispondendo a una domanda sul perché della moratoria contro le trivellazioni ai microfoni del Gr1. "La determinazione del governo va valutata in una prospettiva più ampia, tenendo conto che il 2050 è praticamente domattina. E quindi, se una trivellazione occupa almeno 30 anni, vuol dire che quando noi arriveremo a non avere più necessità petrolifere, poi ci ritroviamo a fare cosa?".
Il governatore Bonaccini: “Aprire un tavolo di confronto” - "Da Ravenna e dall'Emilia-Romagna arriva un segnale molto forte al Governo: stralciate una norma che uccide il settore, bloccando il lavoro e gli investimenti. Si apra immediatamente un tavolo, come abbiamo fatto qui. Servono ascolto e confronto. Ci sono le condizioni per imboccare con più forza la strada della conversione energetica, come stiamo già facendo in Emilia-Romagna e a Ravenna, senza distruggere il lavoro e senza aumentare la dipendenza energetica del nostro Paese". Così il presidente dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini in un incontro al Comune di Ravenna a sostegno del comparto delle estrazioni e a proposito dell'emendamento sulle trivelle inserito nel Ddl semplificazioni. Un provvedimento, ha sottolineato il sindaco e presidente della provincia di Ravenna Michele De Pascale, che è "sbagliato, intempestivo, definito senza un approfondito dibattito, senza le audizioni parlamentari delle categorie interessate”. De Pascale ha invitato il ministro Matteo Salvini "a venire a Ravenna a incontrare i lavoratori e le imprese" del territorio, "perché in questa partita a noi interessa solo il risultato, cioè che questo emendamento alla Camera venga cassato e che si apra una riflessione nazionale sul tema delle politiche energetiche per abbandonare le fonti fossili più inquinanti e per investire su rinnovabili e sull'energia di transizione che è il metano".
Blitz Legambiente a Ravenna - Blitz di Legambiente a Ravenna all'incontro organizzato dal sindaco e presidente della Provincia di Ravenna Michele De Pascale. Il summit è stato definito dall'associazione ambientalista "totalmente anacronistico, perché la priorità su cui si deve concentrare la politica è la decarbonizzazione dell'economia, con il taglio dei 16 miliardi di euro di sussidi annuali alle fonti fossili e la riconversione del settore energetico".
Greenpeace e Wwf: nessuna ricaduta occupazionale - Alla battaglia di Legambiente si uniscono anche Greenpeace e Wwf, che definiscono “una battaglia di retroguardia a spese del Paese quella sostenuta da aziende e sindacati di categoria in difesa delle trivellazioni, basata su valutazioni economiche ampiamente fittizie e su tre grandi mistificazioni. Le associazioni ambientaliste ricordano che non esiste alcun provvedimento di blocco dell'estrazione di idrocarburi gassosi o liquidi in Italia, ma solo la sospensione per 18 mesi di poche decine di permessi di prospezione e ricerca in vista della definizione di un Piano delle aree, che era stato previsto già dal 2014 e poi inspiegabilmente cancellato nel 2016; non esiste, quindi, alcuna ricaduta di massa sui livelli occupazionali nel settore della produzione di oil and gas in Italia; non esiste nel nostro Paese un ricco e diversificato settore dedicato alla estrazione di idrocarburi ma, a fronte di riserve di idrocarburi comunque scarse, si presenta un una situazione di assoluta predominanza in capo a quella che sostanzialmente è ancora una azienda di Stato, cioè all'Eni e alle sue associate, che controllano l'85% delle piattaforme petrolifere offshore e l'assoluta maggioranza delle trivellazioni a terra.