Fornelli. Grazie alla quarantena si è riaccesa la passione per la cucina, specie tra i giovani
Una ricerca dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo ha esplorato le conseguenze alimentari del lockdown. Un'ora in più per cucinare anche grazie agli aiuti del web
Durante il lockdown abbiamo passato più tempo in cucina e a tavola, scoprendo un interessante rapporto tra tradizioni culinarie e nuove tecnologie. Sono alcuni dei dati emersi dalla ricerca interdisciplinare condotta dai professori e ricercatori, con la collaborazione degli studenti del nuovo corso Food Innovation & Management dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, che tra l’8 aprile e il 3 maggio scorsi hanno realizzato una ricerca su oltre 3.000 persone, cercando di esplorare quali siano state le conseguenze alimentari della quarantena.
I risultati, raccolti nel volume “Effetto Lockdown:cCome sono cambiate le abitudini alimentari degli italiani durante l’emergenza COVID-19” curato da Michele F. Fontefrancesco, ricercatore di antropologia culturale, hanno sondato le variazioni nelle modalità di approvvigionamento, preparazione e consumo alimentare, le trasformazioni delle abitudini alimentari in relazione alle caratteristiche demografiche e socioeconomiche degli individui, i cambiamenti culturali e sociali nella relazione con la pratica della cucina durante il periodo di quarantena.
È tornata la passione del cucinare
Durante la quarantena, l’83% degli intervistati ha dichiarato di impiegare più di 1 ora per preparare il pasto (contro il 52% di prima del Covid-19): un aumento considerevole, che deriva sicuramente dal maggior tempo a disposizione, ma non solo. Per molti italiani il cibo si è rivelato un elemento fondamentale per il suo valore identitario e conviviale. Sarà interessante capire se questa passione si consoliderà anche a emergenza finita, soprattutto laddove lo smart working continuerà a essere una delle modalità di lavoro prescelte da diverse aziende, con la conseguente possibilità di avere più tempo a disposizione per cucinare.
L’ipermediazione tecnologica
Durante il confinamento, gli intervistati hanno riscoperto la piacevolezza del tempo dedicato alla preparazione dei pasti (+0,57) e l'affiatamento del cucinare insieme (+0,4), dati, questi, in linea con l'istantanea fatta da Nielsen (2020) a livello europeo (08.04.2020), secondo cui la forma dominante del pasto tra gli italiani durante il lockdown è stata quella del prepararsi da mangiare a casa. Non è tutto. Complici il distanziamento sociale e una pubblicità ripetitiva e malinconica, gli italiani hanno messo da parte i tradizionali canali di informazione per gli acquisti alimentari - libri di ricette (-0,04) e la televisione (-0,03) - in favore di uno sconfinato “ipermondo” culinario, fatto di siti di ricette online utilizzati sia per informarsi sugli acquisti (+0,19), sia per trarne ispirazione sui piatti da preparare (+0,16). Questa svolta social, più che segnare l'inesorabile tramonto della realtà, sembra rinnovarla all'insegna dell'ipermediazione tecnologica. Il boom social sembra, nel caso dei consumi alimentari, derivare non tanto da solitudine e isolamento, ma da una inedita condivisione della pratica del cucinare tra tutti componenti della famiglia, che ha riattivato un significativo scambio intergenerazionale, in cui i Centennials (18-24 anni) hanno scoperto la preparazione dei pasti come forma di espressione da condividere con gli adulti e sembrano essere proprio loro a guidare questo processo.
L’apprezzamento dei pasti durante l’emergenza
In lockdown la durata del pasto è aumentata per il 43% dei soggetti. Il maggior tempo trascorso a tavola potrebbe aver favorito un aumento della quantità di alimenti assunta, il che potrebbe parzialmente spiegare l’incremento di cibo consumato, dichiarato dal 52% di chi ha preso parte alla ricerca. Un incremento che il 51% dei partecipanti, soprattutto giovani, ha motivato con un aumentato apprezzamento dei pasti.
La variazione quantitativa della spesa alimentare durante il lockdown
Durante la quarantena si è registrato un incremento della spesa alimentare per il 32% degli intervistati. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, l'aumento di spesa è stato più rilevante per le fasce meno abbienti della popolazione. Infatti, tra coloro che hanno dichiarato di possedere un reddito lordo annuale compreso tra i 15.000 e i 28.000 euro, il 34% ha dichiarato un aumento di spesa. Al contrario, all'aumentare del reddito disponibile, la spesa per prodotti alimentari è rimasta maggiormente invariata o, addirittura, diminuita.
Lo strumento d’indagine
Alla ricerca, che si è svolta con un questionario compilato online tra l’8 aprile e il 3 maggio 2020, hanno risposto più di 3.000 persone in tutta Italia (tutti maggiorenni e italiani, o stranieri residenti in Italia da almeno 2 anni), di cui il 67% costituito da femmine e il 33% da maschi. Con età variabile dai 18 ai 91 anni e un valore medio di 46 anni. Il volume è scaricabile liberamente sul sito dell’Ateneo a questo link, insieme agli altri prodotti di ricerca sviluppati dall’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche nel campo dello studio delle cause e degli effetti della pandemia.