Da non crederci! Per i ministri Ue della Difesa la produzione di armi è un investimento sostenibile
Gruppo Banca Etica: “Se passasse l’idea che persino gli investimenti in missili, bombe e carri armati sono considerati sostenibili, l’intero concetto di finanza sostenibile diventerebbe inconsistente”
Includere il settore della produzione di armi tra gli investimenti considerati sostenibili dall’Unione Europea. È ciò che hanno sostenuto i ministri della difesa dell’Unione Europea, riuniti nel board dell’Agenzia Europea della Difesa, che hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui chiedono che il comparto delle industrie che fabbricano armamenti possano accedere a ulteriori e maggiori finanziamenti sia da parte del settore pubblico sia dal settore della finanza privata. In particolare i ministri lamentano come il diffondersi della finanza Esg - quella finanza cioè che seleziona gli investimenti non solo sulla base dei rendimenti attesi, ma anche in virtù dei comportamenti delle imprese sul piano sociale, ambientale e di governance - stia danneggiando la reputazione delle industrie del comparto bellico ostacolandone l’accesso a finanziamenti e investimenti da parte delle banche e delle società finanziarie.
Banca Etica: inaccettabile
Non sorprende che i ministri della difesa chiedano maggiori finanziamenti per gli armamenti - dicono in una dichiarazione congiunta la presidente di Banca Etica Anna Fasano e il presidente di Etica Sgr Marco Carlizzi. - È inaccettabile però la pretesa che gli investimenti in armi vengano inclusi tra gli investimenti sostenibili. La finanza etica è nata in Europa una trentina di anni fa proprio per proporre sul mercato strumenti finanziari che escludessero i settori più controversi tra cui le armi e i combustibili fossili. Negli ultimi anni anche le banche e le società di investimento mainstream si sono avvicinate ai temi della sostenibilità e hanno iniziato a proporre - accanto ai prodotti di investimento tradizionali, che non applicano alcun criterio di esclusione - anche prodotti pensati per il pubblico più sensibile alle istanze sociali e ambientali. La cosiddetta finanza sostenibile si è diffusa rapidamente, tanto che l'Unione Europea ha iniziato da qualche anno a varare normative per definire cosa si possa definire sostenibile. Uno sforzo che risulta già pesantemente indebolito da quando la UE ha deciso di includere nell'universo degli "investimenti sostenibili" contemplati dalla cosiddetta Tassonomia green anche quelli nelle filiere di gas ed energia nucleare, disattendendo così lo spirito originario della normativa. Se ora dovesse passare l’idea che persino gli investimenti in missili, bombe e carri armati sono considerati sostenibili, l’intero concetto di “finanza sostenibile” sarebbe così diluito da finire con il diventare inconsistente. Quale differenza ci sarebbe mai tra un fondo sostenibile e uno che non si dichiarasse tale, se entrambi possono proporre investimenti nei settori dei combustibili fossili e dell'industria bellica? Senza contare che i produttori di armi ricevono da sempre ingentissime quantità di finanziamenti sia da parte del comparto pubblico che dalla finanza privata.
Il report
Parlando esclusivamente delle armi più distruttive, quelle nucleari, il report Don’t bank on the bomb ha messo in luce ad esempio come lo scorso anno 338 istituzioni finanziarie abbiano finanziato produttori di armi nucleari per 685 miliardi di dollari. Inoltre tutte le industrie che producono armi - nucleari e non - stanno vivendo un periodo di forti rialzi nei loro profitti e nelle loro quotazioni a causa delle nuove guerre che dall’inizio del 2022 stanno insanguinando il mondo: visti i rendimenti che garantiscono non crediamo che abbiano difficoltà a trovare investitori. È inconcepibile e inaccettabile pretendere che gli investimenti in armi - che di certo non scarseggiano - siano anche chiamati sostenibili o rientrino tra quelli in linea coi parametri ESG”.
Etica Sgr ha presentato una storica Dichiarazione agli investitori per incoraggiare tutti i Paesi ad aderire al Trattato e invitare gli Stati Parte a richiedere che il settore privato e le imprese statali, incluse le banche centrali e i fondi sovrani, integrino completamente il divieto del Trattato su tutte le forme di assistenza.
L’attenzione sul tema è crescente e l’importanza sempre più riconosciuta: quest’anno la Dichiarazione è già stata sottoscritta da oltre 90 istituzioni finanziarie internazionali, che rappresentano oltre mille miliardi di dollari di masse in gestione.