Studio. Così il sistema alimentare peggiora deforestazione ed emissioni
La dieta Eat-Lancet, con meno uova e carne, può essere efficace per la sostenibilità del Pianeta? Dati alla mano, rispondono gli esperti del Cmcc. Assolvendo (a sorpresa) l’olio di palma.
L’attuale sistema alimentare globale contribuisce in modo significativo alle emissioni di gas serra, allo “stress” dei terreni e alla perdita di biodiversità. Questo mentre milioni di persone continuano però a fronteggiare l’insufficienza alimentare. Un recente studio, pubblicato su Global change biology e guidato dalla fondazione Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc), analizza come la futura domanda mondiale di oli vegetali possa influenzare foreste ed ecosistemi, offrendo una prospettiva cruciale nel dibattito sulla sostenibilità.
Proiezioni allarmanti per il 2050
Entro il 2050, infatti, si prevede un incremento del 74% nella produzione globale di oli vegetali destinati all’alimentazione, il che richiederebbe ulteriori 317 milioni di ettari di terreno, un aumento del 68% rispetto al mantenimento degli attuali livelli di consumo. Questa espansione potrebbe causare una deforestazione diffusa, con la perdita di 120 milioni di ettari di foreste. Le emissioni derivanti dal cambiamento di uso del suolo potrebbero aumentare dell’87%, raggiungendo 1.210 megatonnellate di CO2 all’anno.
La Eat-Lancet e le sue implicazioni
La dieta Eat-Lancet, proposta da un gruppo internazionale di esperti e analizzata nello studio del Cmcc, mira a ridurre il consumo di alimenti ad alta intensità di risorse, come carne e uova, aumentando al contempo l’assunzione di oli insaturi (come soia, girasole e colza) del 67% e mantenendo gli attuali livelli di consumo di olio di palma. Sebbene questa dieta possa liberare terreni riducendo la domanda di prodotti animali, la sostituzione dell’olio di palma con altri oli vegetali potrebbe richiedere fino a 385 milioni di ettari aggiuntivi, aggravando il rischio di deforestazione, segnalano i ricercatori.
Palma sì, palma no
L’olio di palma è spesso al centro delle discussioni sulla sostenibilità. Tuttavia, lo studio evidenzia che la sua sostituzione con altri oli potrebbe avere conseguenze ambientali indesiderate, aumentando la pressione sull’uso del suolo, la deforestazione e le emissioni di gas serra.
Maria Vincenza Chiriacò, autrice principale dello studio e responsabile della ricerca sulla neutralità climatica nell’uso del suolo presso il Cmcc, afferma in proposito: “Uno dei risultati principali di questo studio evidenzia il ruolo cruciale di garantire una produzione sostenibile per tutti gli oli vegetali, insieme alla crescente importanza degli schemi di certificazione per catene di approvvigionamento prive di deforestazione”.
Per mitigare questi impatti, è fondamentale garantire una produzione di oli vegetali sostenibile e senza deforestazione, proteggendo così gli ecosistemi ricchi di carbonio. Maria Cristina Rulli, professoressa di Idrologia e sicurezza alimentare e idrica al Politecnico di Milano, sottolinea: “I nostri risultati sottolineano che la crescente pressione sulle risorse terrestri e sugli ecosistemi richiede un’azione immediata per garantire che l’espansione agricola non avvenga al prezzo del degrado ambientale. Politiche efficaci dovrebbero allineare la crescita economica con la conservazione dell’ambiente, incoraggiando metodi di produzione sostenibili e comportamenti consapevoli dei consumatori per contribuire a proteggere il nostro Pianeta per le generazioni future”.
Un estratto dello studio “Pressure on global forests: implications of rising vegetable oils consumption under the Eat-Lancet diet” è consultabile qui: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/...