L’economia circolare potrebbe dare all’Italia quasi 200mila nuovi posti di lavoro
È quanto emerge dal “Forum rifiuti”, la terza Conferenza nazionale organizzata da Legambiente, La Nuova Ecologia e Kyoto Club
Nuovi posti di lavoro per quasi 200 mila persone, maggiore risparmio e più benefici ambientali facendo attenzione ad un uso responsabile delle risorse. Questo lo scenario che l'economia circolare porterebbe in Italia, così come è stato raccontato nel corso del “Forum rifiuti”, la terza Conferenza nazionale, organizzata alla Casa del Cinema a Roma da Legambiente, La Nuova Ecologia e Kyoto Club.
Il nostro Paese, è stato spiegato, avrebbe settori pronti per l'economia del futuro: riciclo e rigenerazione, bioeconomia, innovazione nell'industria alimentare, chimica, farmaceutica, prodotti confezionati di largo consumo e industria biotecnologica. Senza dimenticare che il settore agricolo produce annualmente 9 milioni di tonnellate di rifiuti e 20 milioni di tonnellate di residui agricoli mentre altro "sviluppo occupazionale ed economico potrebbe venire dal settore in crescita delle bioplastiche".
Le stime a livello europeo parlano di 400 mila nuovi posti di lavoro, possibili grazie ad "un'applicazione rigorosa dell'attuale legislazione sui rifiuti; oltre ai “180 mila posti per l'applicazione del pacchetto sull'economia circolare del luglio 2014, mentre per lo stesso orizzonte temporale, uno studio del settembre 2015 dell’Ong britannica Wrap, ipotizzerebbe addirittura 3 milioni di nuovi posti di lavoro tra diretti e indotto.
Per questo viene ritenuto “indispensabile aumentare almeno del 30% entro il 2030 la produttività delle risorse, misurata in base al rapporto tra Pil e consumo di materie prime: prevenzione dei rifiuti, rigenerazione, riparazione e riciclaggio possono generare risparmi netti per le imprese europee pari a 600 miliardi di euro, l'8% del fatturato annuo, riducendo contemporaneamente l'emissione del 2-4% di gas serra”.
In Europa il pacchetto sull’economia circolare è in una fase avanzata di definizione. L’Italia si sta lasciando alle spalle le stagioni caratterizzate dalle gravi emergenze rifiuti e può contare su diverse esperienze leader a livello internazionale. L’uso efficiente delle risorse è uno dei principali fattori di competitività delle imprese, considerato che il 40% dei costi che il settore manifatturiero europeo mediamente sostiene è attribuibile alle materie prime, una quota che con i costi dell’acqua e dell’energia arriva fino al 50% del costo di fabbricazione, rispetto al 20% attribuibile al costo del lavoro. Per questa ragione, è indispensabile aumentare almeno del 30% entro il 2030 la produttività delle risorse, misurata in base al rapporto tra PIL e consumo di materie prime.