Made in Italy, nasce a Vicenza il primo imballo “stretch hood” con il 30% di materiale riciclato post consumo
La versione con il 50% di materiale recuperato, oggi in fase di sviluppo, verrà presentata il prossimo maggio a Milano
Un prodotto ormai diffusissimo e standard (esiste da almeno un quarto di secolo, nella sua versione al 100% con plastica vergine) inizia una nuova storia di riconversione verso l’economia circolare grazie a Crocco, azienda vicentina che ha sviluppato il primo imballo “stretch hood” made in Italy con il 30% di materiale riciclato post-consumo.
Di cosa si tratta
Il materiale plastico post-consumo, come evidenzia il nome stesso, ha già svolto il compito per cui è stato creato: è stato, infatti, “consumato”. Dopo il percorso di riciclo tipico degli imballaggi in plastica, grazie a Crocco il materiale ritorna in produzione per essere quindi utilizzato una seconda volta. Crocco è inoltre nelle ultime fasi di sviluppo della versione con il 50% di materiale rigenerato post-consumo, che verrà presentato in anteprima internazionale alla fiera milanese Ipack-Ima del prossimo 3-6 maggio. L’imballo rientra, infine, nel più ampio percorso sviluppato da Crocco per tutti i suoi prodotti e denominato Greenside il quale, grazie ad un processo che prevede la misurazione dell’impronta carbonica lungo tutto il ciclo di vita e la successiva ridefinizione del design del packaging, permette di rendere l’imballaggio carbon neutral riducendo lo spessore della pellicola, utilizzando materiale di riciclo o biobased e compensando le emissioni attraverso i carbon credits che sostengono progetti ambientali ad impatto positivo, come previsto dal Protocollo di Kyoto.
Le parole di product manager e R&S
“Grazie ai nostri laboratori di ricerca e sviluppo - spiega Gianmaria Perin, product manager di Crocco - siamo riusciti a creare un tubolare elastico per incappucciamento a freddo di bancali con il 30% di materiale riciclato, in grado di mantenere le prestazioni di quello con il 100% di materiale plastico vergine. Inoltre, non stiamo parlando di rigenerato industriale, ma di post-consumo; quindi, del materiale che più di tutti rappresenta uno dei passaggi fondamentali dell’economia circolare”. “Questa soluzione, per cui siamo certificati ‘Plastica Seconda Vita’ a garanzia del cliente - continua Ludovico Tomasi, del reparto di Ricerca e Sviluppo -, va nella direzione della vera sostenibilità (si stima un 30% in meno di emissioni di CO2 equivalente). Alcuni clienti, soprattutto del settore ceramico, dove si sono concentrati i primi test due anni fa, hanno già fatto il passaggio a questa nuova versione con il materiale post-consumo. La sostituzione, dal punto di vista del processo, è indolore: non c’è da modificare in alcun modo l’assetto delle macchine, e il funzionamento è completamente paragonabile allo stretch hood vergine”.