Nevica plastica. Analizzate le nevi di fine estate in Valle d’Aosta, ecco i primi risultati
200 milioni di frammenti di materiali diversi si depositano ogni anno sulle montagne della Valle d’Aosta: 80 milioni sono microplastiche
Ben il 45% di particelle ritrovate nella neve della Valle d’Aosta sono microplastiche. È questo l’esito dei primi risultati della ricerca effettuata, per la prima volta al mondo, sulle nevi residue delle nevicate dell’anno, i cui risultati sono stati pubblicati in un primo dossier intitolato “Nevica Plastica”, consultabile sul sito di AICA www.envi.info/nevica-plastica/
La Cooperativa ERICA, in collaborazione con lo European Research Institute e VdATralier, società che organizza il Tor des Géants e l’Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale (AICA) ha condotto nel corso dell’ultima edizione della corsa in montagna più dura al mondo, lo scorso mese di settembre 2019, una campagna di campionamenti sulle nevi residue dell’inverno e primavera precedente.
Mentre si intensificano le ricerche sui ghiacciai e nevai nel mondo, per la prima volta si è pensato di analizzare le nevi che restano alla fine dell’estate. Sono stati individuati quattro siti, toccati dal Tor des Géants®, con caratteristiche diverse: il rifugio Deffeys, nel comune di La Thuile, che richiede oltre 2 ore e mezza per essere raggiunto a piedi, ai piedi dell’omonimo ghiacciaio, il rifugio Miserin, nel parco del Monte Avic, a poco più di un’ora da dove si può lasciare l’auto, il rifugio Cuney, il più alto rifugio delle Alte Vie valdostane ad oltre 2600 metri di quota, e il col du Malatrà a quasi 3000 metri di altitudine, che separa la Val Ferret dalla Valle del Gran San Bernardo.
I campioni di neve sono stati analizzati dall’ARPA Valle d’Aosta in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, sotto la direzione dei professori Marco Parolini e Roberto Ambrosini del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell'Università degli Studi di Milano. Su 8 litri analizzati sono state trovate, a seguito di una rigorosa procedura analitica, 40 particelle di cui ben il 45% erano microplastiche, il 43% fibre di cellulosa, il 2% lana, mentre per il 10% non è stato possibile arrivare ad un’identificazione univoca.
Le microplastiche sono state quindi analizzate al microscopio e in spettroscopia IR così da verificarne la forma, le dimensioni e la composizione polimerica. Il 39% delle microplastiche è rappresentato da fibre o fili, mentre il restante 61% sono frammenti di diversa forma. La dimensione delle microplastiche varia da 50 micron a poco meno di 2 millimetri, con un valore medio di circa 300 micron. Il colore più rappresentato è il bianco (50%), seguito dal blu (28%) e dall’azzurro (11%), mentre le microplastiche di colore rosa o viola contribuiscono per una esigua percentuale (5,5% in entrambi i casi). Il polimero più rappresentato è risultato essere il polietilene (39%), seguito dal PET (17%), dal HDPE (17%) e dal poliestere (11%), mentre un contributo inferiore è dato dal LDPE (6%), dal polipropilene (5%) e dal poliuretano (5%), per la prima volta individuato dai ricercatori dell’ateneo milanese.
Proiettando i numeri di questa prima ricerca sulle precipitazioni nevose che nel 2019 hanno interessato la porzione di arco alpino della Valle d’Aosta, i ricercatori hanno stimato che ogni anno sulla regione cadrebbero 200 milioni di particelle di cui 80 milioni di microplastiche. In pratica, “nevicano” ogni anno 25 chili di plastica sulle montagne più alte d’Italia. Valore molto probabilmente sottostimato dal momento che le nevi, terminato l’inverno, con l’aumento delle temperature, fondono e riversano il loro contenuto nei ruscelli e nei torrenti che scendono a valle.
“Vivo in me una doppia emozione, di soddisfazione, da ricercatore, per aver dimostrato che ci sia ancora molta strada da fare, andando ad indagare ambienti e matrici ancora mai studiate, ma anche di enorme preoccupazione, da divulgatore, perché ogni studio evidenzia come il problema dei rifiuti dispersi nell’ambiente, sia molto più grande di come possiamo immaginarcelo. Per questo continuo a correre testimoniando l’importanza di non buttare nulla a terra, ma al contrario se si vede qualcosa chinare la schiena e raccoglierlo” commenta Roberto Cavallo, testimonial, promotore e ideatore dello studio, in partenza per la nuova edizione di Keep Clean And Run il prossimo 4 settembre che da Cortina d’Ampezzo lo porterà a Trieste.
“Questi risultati dimostrano come anche negli ecosistemi di alta montagna, considerati dall’immaginario collettivo come incontaminati, siano presenti le microplastiche, che vi arrivano attraverso il trasporto atmosferico o si originano in loco dalla degradazione dei rifiuti plastici ivi abbandonati e/o dalla usura dei capi tecnici o della attrezzatura di montagna. È per questo estremamente importante non abbandonare alcun rifiuto plastico in questi ecosistemi al fine di prevenire la formazione di microplastiche e preservarne la loro identità pristina” aggiunge Marco Parolini, professore associato e ricercatore di Ecologia al Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell'Università degli Studi di Milano.
La ricerca è stata sostenuta dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta, dall’ARPA Valle d’Aosta e dal consorzio Corepla ed era inserita nelle attività del progetto EcoloTor, che assicura la sostenibilità del Tor des Géants®.