Worldwatch Institute: cresce la produzione plastica nel mondo, ma il riciclo è ancora insufficiente
Oggi il consumo di plastica in Europa occidentale e in Nord America è in media di 100 kg a persona, con il materiale usato in gran parte per il confezionamento
Da oltre mezzo secolo la produzione mondiale di plastica continua a crescere, anno dopo anno. Nel 2013 ha raggiunto i 299 milioni di tonnellate, con +4% su base annua, e nel 2014 ha probabilmente superato la soglia dei 300 milioni di tonnellate. A fronte di questo, sottolinea Gaelle Gourmelon del Worldwatch Institute, “il recupero e il riciclaggio restano insufficienti”, e così la plastica finisce nelle discariche e negli oceani. Oggi il consumo di plastica in Europa occidentale e in Nord America è in media di 100 kg a persona, e gran parte del materiale è destinato al confezionamento, come si legge in un articolo pubblicato da Gourmelon su Vital Signs Online.
In Asia, il consumo annuo è di 20 kg a persona, ma la cifra è attesa in rapida crescita insieme all'espansione economica della regione. Secondo il Programma ambientale dell'Onu, tra il 22 e il 43% della plastica usata nel mondo finisce in discarica.
Tra i 10 e i 20 milioni sono invece le tonnellate di plastica che ogni anno finiscono in mare, dove si stima che attualmente galleggino 269 milioni di tonnellate del materiale. Questi detriti si traducono in 13 miliardi di dollari di perdite annue, causate da danni agli ecosistemi marini, alla pesca e al turismo. In Europa il 26% dei rifiuti plastici, pari a 6,6 milioni di tonnellate, è stato riciclato, il 36% è stato incenerito per produrre energia e il 38% è andato in discarica.
Anche il riciclo però, sottolinea Gourmelon, può non essere virtuoso. “Gran parte della plastica raccolta per il riciclaggio in Europa, Stati Uniti, Giappone e altri paesi industrializzati viene spedita in nazioni con standard di riciclaggio più bassi”, scrive il manager del Worldwatch Institute. In particolare, il 56% finisce in Cina, dove spesso la plastica usata viene lavorata in aziende a conduzione familiare con scarsi controlli di produzione ambientale, per esempio sul corretto smaltimento di contaminanti e acque reflue.