Expo: la via italiana della bioeconomia sarà food&energy
Biagio Pecorino (Università di Catania): “Non possiamo rinunciare al patrimonio dei ‘sottoprodotti’ dell’agricoltura. Il futuro non è food or energy, ma food&energy”
BioEconomy between Food&NoFood: the Italian way - Stato dell’arte, traiettorie di sviluppo e opportunità per l’Italia è il titolo del convegno dedicato al rapporto tra bioeconomia e cibo, organizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) in collaborazione con Invitalia Spa e l’Agenzia per la Coesione Territoriale.
L’incontro si è tenuto a Cascina Triulza, il Padiglione di Expo 2015 messo a disposizione della società civile, un luogo in cui aziende, istituzioni pubbliche e organizzazioni internazionali possono dare visibilità e valore alle proprie best practice in collaborazione con le organizzazioni della società civile.
Il convegno, in quest’ottica, ha cercato di analizzare le esperienze nazionali e internazionali di bioeconomia, con particolare attenzione ai temi “Food4Food, Food4NoFood, Food4Energy, NoFood4Non-Food”, temi rispetto ai quali il settore del biogas riveste un ruolo di primo piano.
“Penso che il futuro non possa essere food or energy, piuttosto food&Energy - ha affermato Biagio Pecorino, docente dell’Università di Catania e consulente scientifico del CIB, Consorzio Italiano Biogas - ritenendo che dai sottoprodotti della produzione alimentare e dalla rotazione delle colture potremo ottenere, grazie al biogas, oltre a energia elettrica, anche biometano e bionutrienti. Ciò che non possiamo continuare a fare è sprecare tutto questo patrimonio organico che, per essere gestito, comporta addirittura dei costi per le aziende. La sfida è integrare food e no-food, ottimizzando tutte risorse della filiera alimentare. Quindi, diventa strategico ragionare in modo trasversale, a rete tra le diverse filiere sia per la produzione di cibo sia per la produzione di energia”.
Il professor Pecorino è anche responsabile del progetto Socrate, laboratorio di ricerca del Mediterraneo, con sede a Catania e finanziato dal Mise, finalizzato alla produzione di biogas dal “pastazzo”, ciò che rimane dalla spremitura degli agrumi.
“Questo approccio – conclude Pecorino – consente di realizzare un’attività di ecological intensification, cioè intensificazione ecologica e sostenibile delle nostre colture, e la possibilità di utilizzare in modo efficiente il materiale organico residuo o non utilizzato per produrre energia dal biogas. Qualche esempio? La sansa di olive nella produzione dell’olio, il ‘pastazzo’ degli agrumi, i raspi della produzione vitivinicola”.