Mafia eolica – Arrestato “il signore del vento”. Confiscati beni per 1,3 miliardi
Vito Nicastri è, secondo gli inquirenti, un referente delle cosche, alle quali si rivolgeva per accaparrarsi i terreni in Sicilia e Calabria su cui costruire gli impianti. In cambio di subappalti alle ditte a loro legate
Non un affiliato ma una “pedina fondamentale” della strategia di “sommersione” di Cosa Nostra, tanto da essere citato in uno dei pizzini sequestrati al boss Salvatore Lo Piccolo ed essere considerato uomo vicino al numero uno, Matteo Messina Denaro: la confisca record di beni per oltre 1,3 miliardi chiesta e ottenuta dalla Dia nei confronti del patrimonio di Vito Nicastri – imprenditore leader nel settore della produzione di energia fotovoltaica ed eolica che il Financial Times definì qualche tempo fa “il signore del vento” – è un colpo alla mafia molto più pesante di decine di arresti.
Perché l’operazione – al di là delle 43 società, dei 98 immobili, delle auto e imbarcazioni di lusso, degli oltre 66 tra conti correnti, titoli e polizze assicurative confiscate – dice il direttore della Direzione investigativa antimafia, Arturo De Felice, “toglierà benzina alla macchina di Cosa Nostra, che dovrà per forza di cose rallentare”. Nicastri (nei cui confronti è stata disposta la sorveglianza speciale per 3 anni) è, secondo gli inquirenti, un referente delle cosche, alle quali si rivolgeva per accaparrarsi i terreni su cui costruire gli impianti in Sicilia e Calabria in cambio di subappalti alle ditte a loro legate.
“La sua posizione è stata acquisita grazie alla contiguità consapevole e costante agli interessi della criminalità organizzata”. Ed è l’uomo che “gestiva i più rilevanti rapporti tra imprese e potere mafioso”, si legge nella sentenza emessa dal tribunale di Trapani. Mantenendo costanti contatti con la politica locale in uno “scenario sconfortante” fatto di “impressionanti condotte corruttive” che vede coinvolti, a vario titolo, l’ex deputato regionale siciliano Emanuele Di Betta, diversi funzionari regionali, del Demanio e delle servitù militari.
Le indagini hanno anche documentato i rapporti tra Nicastri e Mario Scinardo, personaggio ritenuto vicino alla famiglia mafiosa dei Mistretta di Rampulla. I loro nomi compaiono in uno dei pizzini sequestrati nell’abitazione dove fu arrestato Salvatore Lo Piccolo: “Nicastro di Alcamo, continuare con Scinardo, escludere fratelli Severino. Ok!”, si legge nel documento.
Secondo gli investigatori il pizzino è riconducibile ad Andrea Adamo, reggente del mandamento di Brancaccio, e riguarderebbe i rapporti tra le cosche palermitane e quelle catanesi per il parco eolico di Mineo, realizzato proprio da Nicastri.
Le reazioni – Intanto il governo regionale ha avviato controlli per verificare l’eventuale esistenza di concessioni rilasciate dalla regione Sicilia all’imprenditore trapanese. “È già partita una nota a tutti i dipartimenti – fa sapere il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta – per capire se ci sono stati o ci sono rapporti tra la regione e questo imprenditore, ovviamente revocheremo tutto”.
Legambiente chiede di “fare piazza pulita” della criminalità organizzata dal settore delle energie rinnovabili in Italia. “Speriamo che inchieste come questa continuino per fare piazza pulita delle infiltrazioni mafiose in uno dei comparti di punta della green economy, denunciate ogni anno nel Rapporto Ecomafia”, dice un portavoce dell’associazione. “È grazie alla cosiddetta zona grigia, infatti, se prosperano gli affari dei clan, capaci di mettere radici ovunque sia possibile fare business e di sfruttare collusioni e connivenze. La crescita dell’impero che oggi è finito sotto confisca – sostengono gli ambientalisti – è anche il frutto della scarsa trasparenza con la quale sono state gestite per molti anni le concessioni autorizzative per la realizzazione di nuovi impianti, soprattutto in Sicilia”.